Page 16 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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che le rompono gli altri: come risulta da queste interviste.
Le interviste con gli antipatici sono diciotto e sono state scelte
fra quelle pubblicate a suo tempo su
«L'Europeo». Più che di interviste si tratta di conversazioni
registrate col magnetofono, poi tradotte in un dialogo scritto.
Più che di conversazioni si tratta di monologhi da me provocati
con domande o opinioni: ho sempre pensato che lasciar parlare
la gente e riportare con fedeltà quel che dice contribuisca
straordinariamente a farne il ritratto. Da questo infatti nacque
l'idea del reportage che, cominciato con Ingrid Bergman, andò
avanti per mesi. Non con mio grande diletto, però: se far parlare
la gente nota è snervante, farla parlare dinanzi a una macchina
che registra ogni pausa o sospiro è nel cinquanta per cento dei
casi drammatico, ha presenza di un microfono imbarazzava
all'inizio anche me. Saper che era lì equivaleva a sentirsi spiati,
giudicati, ridicoli: non di rado, guardandolo, l'intervistato
sbiancava o si inceppava con grave offesa alla sintassi e al buon
senso.
Se non si inceppava, taceva. Se non taceva, allagava con un
caos di parole il microfono e, mentre il nastro girava
inesorabilmente, io mi struggevo nel pensiero del poi. Il
momento peggiore era poi: quando riascoltavo reticenze e diluvi
per tradurli in discorsi normali, ritratti. Ascoltare una persona
che parla non è come riascoltarla attraverso una macchina: ciò
che odi quando hai un volto davanti non è mai ciò che odi
quando davanti hai un nastro che gira. Uno scintillare di occhi,
un agitarsi di mani rende a volte accettabile la frase più idiota:
ma senza quelle mani, quegli occhi, la frase si denuda in tutta la
sua sconcertante idiozia. Al contrario un naso sgradevole, un
atteggiamento dimesso svalorizzano a volte la frase più ricca:
ma senza quell'atteggiamento, quel naso, la frase riacquista tutta
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