Page 12 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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neanche fosse sotto tortura, e alla fine balbetta: «Questa
intervista diventa troppo pesante...
facciamo una cosa leggerina, di quelle che piacciono alla gente.
Insomma, lei non riesce ad essere un po'' leggerina?».
No: non è il suo genere. Oriana Fallaci non riesce a essere un
po'"leggerina, neanche quando bussa alla porta di Baby
Pignatari, «uno dei miliardari più miliardari del mondo»,
chiedendosi e chiedendogli come un uomo di quasi
cinquant'anni possa ancora farsi chiamare Baby. O quando a
Buenos Aires intervista l'ineffabile don Jaime de Mora meglio
noto come Fabiolo, il fratello debosciato della regina del Belgio,
che ha appena ucciso sei serpenti a colpi di frusta, spara più
frottole del barone di Mùnchausen e proclama, attualissimo:
«Non ho professione, non ho vocazione, ma toglietemi la
pubblicità e sono morto». E anche quando incontra la
mondanissima Afdera Franchetti appena divorziata da Henry
Fonda, cui Oriana si è ispirata per tratteggiare la protagonista
del suo romanzo Penelope alla guerra: anche con lei, anche con
la baronessa, che pure si presterebbe, Oriana non sa, non può,
non vuole essere leggerina. Frena la voglia di picchiarla e
preferisce sfotterla con garbo sapiente; farle dire «sono una
culona romana»; ma farla anche parlare di Huxley, con cui è
andata a pranzo, di Faulkner, che ha avuto ospite a casa, di
Steinbeck, «così borghese, così chiuso». E non è leggerina
quando si fa dire da Ingrid Bergman, spettinata e senza cipria:
«Invecchiare per me è interessante e riposante», e anche: «Io
non ho paura di morire e niente vale la libertà».
Domani, un giorno, toccherà a Gheddafi, toccherà a Khomeini,
toccherà a Deng Xiaoping, a Indira Gandhi, a Golda Meir, a
Willy Brandt, allo Scià. Nel 1963 Oriana Fallaci, «questa
sconosciuta con le braccia nude e le domande indiscrete», come
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