Page 10 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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«Non le manca un figlio suo, proprio suo?». La brutalità, si sa,
                fa  parte  del  gioco:  mai  indorare  la  pillola,  mai  essere

                diplomatici, ipocriti, cortesi. Lei risponde educatamente a ogni
                domanda, «le braccia incrociate come una maestra al suo banco

                o una monaca nel parlatorio». Le descrizioni degli antipatici -
                fulminanti  e  impietose  -  vanno  ben  oltre  il  tratto  somatico,

                sembrano  radiografie  dell'anima.  La  compagna  di  Togliatti  è

                «massiccia  ed  immensa,  i  capelli  neri  e  pesanti  pettinati  alla
                maniera di monaca, il volto senza cipria indurito da sopracciglia

                foltissime  (...).  Un  volto  di  badessa».  Il  torero  Ordonez  è
                «l'andaluso  dal  volto  olivastro»,  ha  «pantaloni  dalla  piega

                prolissa» e appare «murato nella sua parsimonia di voce».


                Sembra  di  vederlo.  Giancarlo  Menotti  è  il  più  insondabile  di

                tutti, «col viso pallido e stretto, il gran naso torto a sinistra, il
                misterioso sorriso che non si sa mai se appartenga ad un santo o

                a un demonio».



                Il Nobel Quasimodo ha «una disperata calvizie», una «bocca a
                coltello, maligna» e una lingua «più velenosa di un cobra». La

                mitica Arletty, ormai quasi del tutto cieca, a sessantacinque anni
                è «una vecchia dai capelli stopposi, gli occhi fìssi e annacquati

                come  gli  occhi  di  un  pesce».  A  Hitchcock  va  anche  peggio.
                Prima  dell'intervista:  «Di  lui  mi  piaceva  ogni  cosa:  la  gran

                pancia di Babbo Natale, gli occhietti porcini e ammiccanti, la
                pelle rossa da avvinazzato». Dopo l'intervista: «Era decisamente

                schifoso: gonfio, paonazzo, una foca vestita da uomo».



                Quando descrive una donna l'iperrealismo della sua penna si fa
                ancora più efferato. Di Anna Magnani, di cui diventerà amica,

                racconta  «quegli  occhi  cupi,  quei  denti  feroci,  quell'aria  da
                uccello ferito che non sa dove sbattere le ali», e anche «quelle

                gambe magre e denutrite, quel viso segnato, da uomo». Jeanne
                Moreau le piace subito, per il suo temperamento, il suo fascino,




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