Page 175 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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poi tutto è proporzionato agli incassi: se una società incassa un
miliardo lordo all'anno, perché i giocatori di quella società
devono guadagnare centomila lire al > mese? Né il discorso vale
solo per le società, vale anche per lo Stato. Ogni settimana lo
Stato guadagna mezzo miliardo con il Totocalcio: pensi che
scherzo se i calciatori decidessero di far sciopero una domenica
o due. E, tutto sommato, perché non dovrebbero fare sciopero?
È un mestiere.
Scusi sa, io non me ne intendo: ma credevo che fosse uno sport.
È un mestiere e il fatto che sia un mestiere non nega che sia
anche uno sport. Essere pagati non ci rende meno sportivi: ci
prepara anzi più coscienziosamente e più scientificamente. Io
sono convinto che se potessimo far disputare una partita dalla
miglior squadra di oggi e la migliore squadra di trent'anni fa,
«quando lo sport era sport», vincerebbe la squadra di oggi. Io,
quando gioco, non gioco per vanagloria, per vedermi citato sui
giornali e via dicendo. Gioco perché è il mio mestiere e per la
soddisfazione che mi nasce dentro: una specie di coscienza
d'aver compiuto un dovere. Io, quando leggo sui giornali che
non sono stato bravo, ho quasi vergogna ad uscire per strada, mi
sembra che tutti ce l'abbiano con me. Quando leggo che ho
giocato male, mi sembra di aver tradito qualcuno: il mestiere
per cui vengo pagato. Mi ricordo tre anni fa, quando cascavo
sempre per terra.
Non avevo ancora diciassette anni, avevo giocato
nell'Alessandria che stava per retrocedere e poi avevo giocato
alle Olimpiadi: ero così stanco, così stanco, e cascavo per
niente. Così i giornalisti scrivevano che ero un bluff, che ero
buono soltanto da mettere in giardino, ed io soffrivo: ma non
tanto per la figuraccia, per la coscienza di quel tradimento.
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