Page 159 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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No, non credo. Mi è stato utile all'inizio: quando entravo negli
uffici e, per via di papà o dello zio, la gente mi offriva una
seggiola, mi ascoltava, e non mi vedeva come una starlet alla
quale si può mettere la mano sul sedere. Ma dopo, in Francia
soprattutto, è servito soltanto a farmele sbattere in faccia, quelle
porte. Ma come!, dicevano, c'è già il padre, c'è già lo zio,
dobbiamo sopportare una terza Spaak? Il successo io l'ho avuto
in Italia dove gli Spaak non son conosciuti.
Senta, Catherine: ma è capace di gratitudine, lei? Ammetterà
pure che qualcuno le ha dato aiuto.
Lattuada, che l'ha lanciata così bene, ad esempio.
Lattuada... lui vede solo le ragazzine e di fronte alla loro
ingenuità ha come una reazione di padre: vorrebbe insegnare a
queste ragazzine qualcosa. Questo è tutto. Gratitudine?
Vediamo un po'. Sì, ce l'ho per una professoressa di matematica
che non mi bocciava, sebbene la matematica non la studiassi
perché mi dava disgusto, e ce l'ho per Fabrizio. Quando ci
siamo conosciuti, io e Fabrizio, eravamo due selvaggi: insieme
siamo cambiati e abbiamo deciso di diventare un po'"meglio.
Insomma di capire ciò che volevamo anche se eravamo così
giovani. Noi, insieme, studiamo, lavoriamo, ci correggiamo gli
errori, impariamo a respirare, e ci facciamo coraggio. Fabrizio...
ricordo la prima sera che mi portò a casa sua: venivamo da San
Felice Circeo.
Sua mamma aveva messo le posate d'argento, i bicchieri di
cristallo, io mi misi a suonare il pianoforte che era stonato,
orribile, e sua madre diceva: «Che brava ragazza, educata
all'antica!».
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