Page 130 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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morì, e da allora ho sempre lavorato come uno schiavo. Cos'è
questa storia del playboy? Non ho ereditato nulla da nessuno, o
quasi nulla, i soldi che ho li ho messi insieme da me: le dispiace
scriverlo questo? Mio padre non è mai stato ricco, la fabbrica
che mi lasciò era una piccola fabbrica con centoquaranta operai,
le dispiace scriverlo questo? Ricca era mia madre, mia madre
era una Matarazzo: ma da lei non ereditai che un pacchetto di
azioni più tardi. Le dispiace scriverlo questo?
No, no. Lo scrivo. Suo padre era italiano, vero? Mi pare di aver
letto che lei è nato a Napoli.
Calabrese. Mio padre era calabrese, e anche mio nonno. Mio
padre era medico e mio nonno oculista. Fu mio nonno ad
emigrare. Nacqui a Napoli perché i miei genitori erano venuti a
fare il viaggio di nozze in Italia, nel frattempo era scoppiata la
Prima guerra mondiale e mio padre era dovuto andare a fare il
soldato. Per questo parlo italiano. Ed anche perché ho studiato
in un liceo italiano, a Sào Paulo. Si chiamava Dante Alighieri.
Dunque, dicevo, perché a questo ci tengo, che fin da ragazzo ho
lavorato come uno schiavo. Ora mi alzo tardi: alle sei e mezzo,
alle sette. Ma allora mi alzavo alle cinque e andavo a letto
all'una del mattino. Quando gli operai entravano in fabbrica, io
c'ero già da due ore e quando se ne andavano ci restavo: con
quel caldo, quel caldo che fa in Brasile dove non c'è mai
inverno, alleviato soltanto dal ventilatore, solo solo, a fare i
conti, e mai un cinematografo, mai un divertimento, mai un
poco di sport. A me piaceva lo sport: ho sempre preferito il
lavoro manuale al lavoro mentale. A quattordici anni ero già
campione di polo acquatico, di nuoto, di barca a vela. Avevo il
mio posto nella squadra di calcio. E così vedevo i ragazzi della
mia età che andavano in piscina, o a divertirsi, o al
cinematografo, mentre io stavo a lavorare a quel caldo, quel
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