Page 122 - Oriana Fallaci - Gli Antipatici
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Il miliardario
Il Baby mi aspettava nel piedàterre parigino di sua moglie Ira
Fùrstenberg ed era molto diverso dallo spensierato
scavezzacollo che descrivono a Roma o dal severo industriale
che descrivono a Sào Paulo. Difatti non assomigliava né all'uno
né all'altro: assomigliava piuttosto a quei diplomatici deliziosi
ed inutili che i contribuenti al fisco continuano a pagare per
nulla in ogni paese del mondo.
Il suo vestito era grigio, la sua camicia era bianca, la sua
cravatta era blu. Il suo corpo era lunghissimo, snello, profumava
di sali da bagno: quelli inglesi, mi parve. Il suo sorriso era
stabile, né troppo parsimonioso né troppo accennato: serviva a
scoprire nella giusta misura i suoi denti che sono belli. Il suo
volto era impreziosito da tante seducenti rughette che invano
(mi dicono) va a farsi stirare dalle sorelle Carità, coiffeuses pour
dames, le quali gli curano anche i capelli. I suoi capelli erano
spruzzati di grigio: di quel grigio però che hanno solo gli
uomini ricchi e ricorda l'argenteria di famiglia quando è un poco
sporca ed ha perso il lucido.
Dei diplomatici e i ricchi il Baby aveva anche i gesti lenti,
sicuri: da tipo che casca sempre in piedi, se casca. Dopo i gesti,
la erre: moscia, ma così moscia che a un certo punto cessa
d'essere moscia per non esistere più. Dopo la erre, la voce:
movbidina, zucchevina, cortesina. E la usava per dirmi che non
avrebbe concesso interviste: ero lì solo per bere un caffè, dietro
intercessione di Ira che legge i miei articoli. Così dicendo mi
offriva, sorridente, il caffè che un cameriere dai passi felpati
aveva lasciato sul tavolo subito dopo svanendo come un
fantasma educato. Il caffè mi piaceva caldo o tepido?
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