Page 18 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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metropoli  avevo  vista  solo  una  fornace  di  luci  abbaglianti.
                Eppure  la  signorina  Norma  Jean  Mortenson,  in  arte  Marilyn

                Monroe, ebbe il potere di rovinare il mio incontro con la città
                più seducente del mondo. New York era davvero splendida coi

                suoi grattacieli, camminare lungo Wall Street che alle due del
                pomeriggio  è  già  buia,  faceva  certo  impressione;  la  folla  dei
                negri nel quartiere di Harlem era davvero impressionante; e così

                Times Square al centro di Broadway, alle nove di sera. Ma io
                vedevo  tutto  questo  attraverso  una  nebbia,  e  non  lo  gustavo

                perché solo una cosa mi premeva ormai: l'intervista con Marilyn
                Monroe. Ci pensavo mangiando, lavandomi, camminando per la
                città,  e  l'ira  mi  chiudeva  la  gola.  Non  avevo  nemmeno  una

                camicia  in  cui  sperare  e  la  gente  rideva  quando  confessavo  il
                progetto.

                    «Vedere  la  Monroe?»  esclamò  il  corrispondente  di  un
                quotidiano  di  Roma.  «Toglitelo  dalla  testa.  Io  la  cerco

                inutilmente  da  sei  mesi.»  Nessuno  conosceva  il  suo  indirizzo.
                Perfino la 20th Gentury Fox lo ignorava. «Le saremmo grati se

                volesse darcelo quando lo avrà trovato» dissero. Erano scettici e
                insopportabilmente  ironici.  Da  un  mese,  aggiunsero,  il
                «Saturday  Evening  Post»  stava  cercando  la  stessa  intervista  e

                ancora non l'aveva ottenuta. Era come cercare la Garbo, dissero,
                ai  tempi  di  La  Regina  Cristina.  Telefonai  ad  alcuni  amici  del

                «New  York  Times»,  il  giornale  più  potente  del  mondo.  Mi
                risposero che si trovavano nel medesimo impaccio. Telefonai a

                «Life», a «Look» e a
                    «Collier's»:  mi  risposero  come  se  avessi  detto  che  volevo

                invitare a colazione Rockefeller. Ogni venti giorni, spiegarono,
                Miss  Monroe  cambiava  appartamento  per  non  essere
                rintracciata. Joe Di Maggio, il suo ex marito, aveva aspettato tre

                giorni una sua telefonata, chiuso in una camera di albergo. La
                telefonata  non  era  venuta.  Milton  Greene  aveva  nascosto  a

                Marilyn che Joe la cercava.
                  Joe era ripartito con l'esaurimento nervoso.

                  Eravamo arrivati a New York la mattina di giovedì. La sera di



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