Page 17 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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lei: "No. Dimmelo tu che sei un pittore". "Bene," dissi
"sceglierei il rosso." "Bene," disse lei "e perché mi piace il
rosso?" "Bene,"
dissi "perché è violento, da nell'occhio come te." "Bene" disse
lei. E rispose al reporter che
"preferiva il rosso perché era violento come lei".» Parlava
tanto volentieri di Marilyn Monroe che, alla fine, decisi di dirgli
la verità: volevo intervistarla ed ero andata da lui con le camicie
sperando che mi potesse aiutare. Di colpo Negulesco si irrigidì.
Mi guardò con odio.
«Non è a Hollywood» rispose secco.
«Lo so» replicai; Da undici mesi infatti Marilyn aveva rotto
con la 20th Century Fox, alla quale la legava un contratto di
sette anni, ed era andata a vivere a New York. Si riteneva mal
pagata, voleva centomila dollari per film (una somma pari a
sessantacinque milioni di lire) e non era stato difficile per
Milton Greene, la sua anima nera, convincerla a fare quest'atto
di rivolta. A quel tempo la diva e il fotografo erano amici, lei gli
obbediva come a un padrone.
«Lo so che non è a Hollywood,» insistetti «ma lei può aiutarmi
lo stesso, se vuole.» Negulesco scosse la testa.
«Si sbaglia» rispose. «Non ci posso far nulla. Nessuno può
farci nulla.» Lo sguardo gli cadde sulla valigia delle camicie.
Arrossì un poco.
«Mi dispiace tanto» aggiunse.
«Anche a me» dissi. «Ce la farò lo stesso.» Di nuovo
Negulesco scosse la testa.
«Senta,» disse «l'America è forse il paese più democratico del
mondo. Può vedere chi vuole. Ma ci sono due persone alle quali
non riuscirà mai a parlare a quattrocchi: Eisenhower e Marilyn
Monroe.» «Non ci credo» dissi. «Vedrà» disse lui.
Il viaggio a New York fu agitato. La frase di Negulesco e
l'espressione quasi dispettosa del suo viso mi pesavano addosso
come una minaccia. Era la prima volta che andavo a New York.
All'arrivo, l'aereo si era fermato solo mezz'ora, di notte, e della
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