Page 16 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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durante tutto il viaggio, mentre gli altri si beavano a guardare
                l'Atlantico e le isole Azzorre, il problema del loro trasporto mi

                aveva  angosciato.  Mi  preoccupavo  che  non  si  sgualcissero.
                Dalla  maggiore  o  minore  freschezza  dei  colletti  dedicati  al

                signor  Negulesco  mi  sembrava  che  dipendesse  il  successo
                dell'intervista:  estrarle  intatte  dalla  valigia  dopo  trenta  ore  di
                volo fu motivo di esaltante sollievo.

                    Telefonai  immediatamente  al  regista.  La  parola  «camicie»
                ebbe un magico effetto. Disse che era ansioso di vedermi. Mi

                invitò subito a colazione nel suo bungalow della 20th Century
                Fox.  La  mezz'ora  che  impiegai  per  arrivarci  percorrendo
                l'interminabile  Sunset  Boulevard  mi  sembrò  più  lunga  del

                viaggio in aereo.
                    Negulesco  mi  aspettava  sull'uscio  di  casa  con  un  sorriso

                ansioso sul volto sanguigno, mi ringraziò con effusione, mi offrì
                vino francese, non chiese neppure che cosa volessi. Mangiando

                parlò della sua vita, dei quadri che faceva quando era un pittore
                affamato, dei suoi vestiti, delle sue scarpe, delle quattro mogli

                che  si  era  procurato  non  appena  raggiunta  la  ricchezza;  e
                sembrava  talmente  convinto  che  mi  fossi  recata  a  Hollywood
                per intervistare lui che, fino al formaggio, non ebbi il coraggio

                di  deluderlo.  Solo  alla  frutta  portai  il  discorso  su  Marilyn
                Monroe.  Negulesco  l'aveva  diretta  nel  film  Come  sposare  un

                milionario. Cominciai col chiedergli che tipo fosse.
                    «Una  ventinovenne  carina»  rispose.  «Certo  non  si  merita  il

                successo  che  ha.  Ma  è  terribilmente  ambiziosa  e  lavora  con
                impegno.  Non  è  neppure  un'oca,  come  dicono.  È  una  timida

                piena  di  complessi  di  inferiorità.  Quando  gli  altri  parlano  li
                ascolta a bocca aperta, come se dicessero cose meravigliose.
                    Quando  la  interrogano  resta  zitta,  per  paura  di  dire

                sciocchezze.  Talvolta  balbetta.  Non  risponde  mai  a  una
                domanda  senza  chiedere  consiglio  a  un  amico.  Una  volta  un

                reporter le chiese che colore preferisse. Lei disse: "Aspetti un
                momento". Venne da me e chiese: "Jean, qual è il colore che

                preferisco?". "Bene," osservai "non te lo sei mai domandato?" E



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