Page 11 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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quello del racconto e dei dialoghi...
Infatti se il racconto è triste, la mia voce diventa triste. Se è
allegro, la mia voce diventa allegra.» In questa lotta furente e a
tratti molesta sull'ingrata via della perfezione qualcuno intorno a
lei la seguiva, altri si abbattevano come birilli: erano compagni
di strada molto amati per un periodo poi abbandonati se non
riuscivano a tenere il passo, e lasciati cadere fuori dal cono di
luce. Perché lei donna di talento e di temperamento, richiedeva
tanto a se stessa, ma pretendeva anche - e molto -
dagli Altri. Continuò così anche quando stava male, sempre
più male, continuò a battersi, a scrivere, a riscrivere. Ricordo
che a inizio 2005 quando uscì Oriana Vallaci intervista sé
stessali Apocalisse si decise di fare per il «Magazine» del
«Corriere» un servizio particolare, in cui si pubblicavano alcuni
brani del libro accompagnandoli con didascalie scritte apposta
da lei. L'Oriana era a New York, ormai provata dal male che
osteggiava come un usurpatore del suo corpo, l'alieno che le
aveva aggredito anche gli occhi, tanto che ormai per leggere
doveva farsi aiutare da una grossa lente. Ma era pur sempre una
combattente e controllava tutto, anche se si trattava di stare ore
su una pagina: si svegliava prestissimo e nonostante il fuso il
telefono squillava di buon'ora nella redazione di Milano. «Sono
l'Oriana, si comincia.» Passavamo ore al telefono, lei a
correggere io a trascrivere, una settimana fuori dal mondo, in
una bolla telefonico/ virtuale di lavoro ininterrotto e furibondo,
frammentato solo da piccole lamentazioni così strane in lei, ma
il dolore per il male era forte, e la rabbia di più, per quel mondo
che non capiva il dramma di quello che a suo dire gli si stava
abbattendo addosso.
Poi venuta in Italia l'ho incontrata a Milano, lei così smilza
affogata in una casa borghese ottocentesca dove era tornata per
curarsi. In quell'incontro mi consegnò con sorniona
soddisfazione un elaborato e grazioso pacchetto da cui uscivano
come dalla calza della Befana sofisticati doni delle meraviglie:
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