Page 6 - Oriana Fallaci - I sette peccati di Hollywood
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ovvero una grande narrazione dell'industria del cinema e dei
suoi miti, un mondo che l'Oriana raccontava senza troppo
incanto e con molto disincanto, capace di guardarlo da lontano,
a cannocchiale rovesciato.
Così, con questo volume che state per leggere, Oriana Fallaci
diventava ufficialmente - come lei aveva sempre voluto - una
scrittrice. Un'opera prima che avrebbe preferito intitolare
Hollywood vista dal buco della serratura, e che è quasi un
inedito perché da tempo non più ristampato e ormai introvabile.
Scritto più di cinquantanni fa sembra nato ieri, uscito da una
penna fresca e molto contemporanea. La Fallaci - nessun
problema a chiamarla così, con l'articolo, la Fallaci o l'Oriana, a
lei andava benissimo - lo ha pubblicato che era già una
giornalista di una certa fama, per la sua straordinaria capacità di
scrittura, per l'impegno delle sue interviste costruite come un
corpo a corpo con l'imputato, per il carattere già allora
leggendariamente pericoloso. E per tutte e tre le cose messe
insieme era già capace, allora, di suscitare sincere passioni
emulative in alcuni colleghi: anni dopo, quando eravamo
entrambi a «L'Europeo», scoprii che il direttore Vittorio Feltri
teneva nel cassetto un libretto consumato con le interviste
dell'Oriana e mi confessò che nei momenti di calo di ispirazione
ne leggeva qualcuna, trucco che mi sentirei di consigliare a
chiunque ami questo mestiere: aiuta e da sollievo. Ma allo
stesso tempo era capace, l'Oriana, di accendere altrettanti
fulminei e durevoli odii, famoso un articolo in cui Camilla
Cederna compilò un ingeneroso florilegio di tutti i veleni e le
fantasie metropolitane che si venivano accumulando contro la
più giovane e ambiziosa collega.
A leggere oggi quel primo libro di Oriana ci si ritrova tutto il
suo amore per la letteratura che non le fa mai abbassare la
guardia sulla buona scrittura, quello stile di chi ha letto molto
ma non fa il verso a nessuno, e tutta la sua acribia di giornalista
che non molla e che non rinuncia all'intuizione, all'occhiata
lunga che individua fenomeni di costume che vanno ben oltre la
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