Page 391 - Oriana Fallaci - 1968
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Quello non ci mollava un secondo. Ci fermavamo ad esempio
                dinanzi a una vetrina, e si fermava anche lui. Ci sedevamo ad

                esempio su una panchina, e si sedeva anche lui. La faccenda è
                durata all’incirca mezz’ora quando, grazie a un semaforo verde,

                siamo  riusciti  a  giocarlo.  Lui  ha  commesso  un  errore:  ha
                attraversato per primo. Ciò mi ha permesso di saltare, sola, su
                un taxi che passava vuoto e in direzione contraria. Sono arrivata

                alla cafeteria con enorme ritardo, Gabriele era arrivato da poco.
                Ci siamo allontanati a braccetto. Ero ansiosa di finire l’intervista

                con lui.
                    Camminavamo lenti, la gamba mi faceva male. La strada era

                piena di luci. «Davvero New York è bella, soprattutto di sera,
                quando brucia di luci?» «Davvero, Mirta, vedrai. Vedrai.» D’un

                tratto gli ho chiesto di Mirta: «Perché non mi hai detto che era
                morta?». «Per non darti un dispiacere.» «Gabriele, cosa posso
                fare per te?» «Offrirmi una cena» ha risposto con un bel sorriso.

                Ha un meraviglioso sorriso, pieno di ironia e di dolcezza. Non
                scorderò  mai  quel  sorriso  e  neanche  quell’assurda  serata.

                All’improvviso era come se tutte le cose che ci facevano male
                non esistessero più. Siamo entrati in un ristorante qualsiasi e ci

                siamo messi a mangiare parlando come se fossimo stati a Roma
                o a New York. Parlavamo, figurati, della vita sugli altri pianeti:

                se ci fosse o non ci fosse, e se fosse migliore di quella che c’è su
                questa  terra.  Lui,  che  studia  matematica  e  fisica,  diceva  certo
                che la vita esiste su altri pianeti di altri sistemi solari ma perché

                la nostra dovrebbe essere inferiore? Gli ho fatto quel discorso
                sugli  uomini,  gli  alberi  e  i  pesci.  S’è  quasi  arrabbiato.  Ha

                risposto  che  non  bisogna  pensar  queste  cose,  tantomeno
                scriverle,  perché  è  una  gran  bella  cosa  esser  nati  fra  uomini
                anziché fra gli alberi o i pesci: e lo è anche se Mirta non c’è più.

                «Fa parte della vita, capisci, della lotta fra il Bene e il Male, che
                è l’essenza della vita: gli alberi e i pesci non sanno ciò che è

                bene o male. Senti, io non so se ci rivedremo mai più, e in fondo
                al  cuore  sento  che  non  ci  rivedremo  mai  più,  però  devi

                promettermi questo, me lo devi giurare: non devi mai arrabbiarti
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