Page 388 - Oriana Fallaci - 1968
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lavi  le  unghie?».  Isaia  non  voleva  andare  alla  riunione  di
                mercoledì. Ci venne quando seppe che io ci andavo. Mi seguiva

                sempre, come Mirta. Quando i poliziotti irruppero nella terrazza
                egli era accanto a me, e accanto a me restò durante la sparatoria.

                S’era  coperto  la  testa  con  la  giacchetta,  neanche  la  giacchetta
                servisse a fermare schegge e pallottole. Cercava continuamente
                di dire qualcosa e io gli sussurravo: «Chetati, Isaia. Stai zitto,

                Isaia. Più si parla, più sparano». Ma lui non si chetava e diceva:
                «Cosa  credi,  che  abbia  paura?  Io  non  ho  paura».  Quando  fui

                colpita, e mi girai per vedere da dove mi usciva il sangue, vidi
                le unghie nere di Isaia. Eran coperte anche quelle di sangue. Gli

                chiesi dove fosse ferito, rispose: «Il mignolo e basta». Mentre
                mi lamentavo e chiedevo aiuto, fu l’unico che ebbe il coraggio

                di  gridare:  «Por  favor!  Ninguno  hace  nada?  Esta  mujer  se
                muere!». Stamani ho telefonato a casa di Isaia. Era l’unico che
                si fosse fidato al punto di darmi il suo numero. Volevo tentar di

                sapere  se  fosse  vivo,  morto,  arrestato.  Ha  risposto  il  fratello,
                piangendo.  M’ha  detto:  «È  vivo.  Però  è  chiuso  nel  Campo

                Militare Numero Uno».
                    E poi voglio sapere di… lo chiamerò Gabriele. Malgrado il

                suo nome non sia Gabriele. Gabriele è il più intelligente fra gli
                studenti che ho conosciuti. La prima discussione con lui scoppiò

                intorno a un mio libro, quello sugli astronauti e il viaggio alla
                Luna. Diceva che sono antiquata e vigliacca perché ho paura dei
                cervelli elettronici e dell’automazione. È un po’ prepotente ma

                così  simpatico,  con  quella  faccia  da  Savonarola  occhialuto.
                Perfino quando m’accusa d’esser borghese perché mi piacciono

                i  vestiti  ben  fatti  e  i  gioielli.  Ma  è  un  borghese  anche  lui,  è
                sempre vestito bene anche lui, e gli piacciono i Beatles. Cosa
                sarà  successo  di  Gabriele?  Stava  accanto  a  me  quando

                l’elicottero gettò i due bengala.



                GIOVEDÌ 10 OTTOBRE. Mi ha chiamato. Qui, in albergo. Lì per lì
                ho  sentito  una  gioia  così  pazza  che  ho  perfino  scordato  il
                controllo  telefonico  e  l’ho  chiamato  col  suo  vero  nome.  E
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