Page 389 - Oriana Fallaci - 1968
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quando me ne son resa conto mi sarei strappata la lingua. Gli ho
gridato: «Sei vivo!». Ha risposto: «Più vivo di te, a neanche tre
blocchi da te. Ora vengo».
Dopo un quarto d’ora ho sentito bussare alla porta. Mia
sorella Neera è corsa ad aprire. È entrato con una bottiglia di
vino. «Questa bottiglia te l’ho portata per brindare alla nostra
fortuna: sei viva, son vivo.» ha detto. Ed ecco, per la prima
volta in tutti questi giorni, m’è venuto da piangere. Mi son
messa a piangere come quando ero bambina e cadevo e mi
scorticavo un ginocchio. Allora anche lui s’è commosso. Il viso
gli è diventato pallido pallido, e s’è messo a tremare. S’è seduto
sul letto, ai miei piedi, s’è preso il capo tra le mani, e ha
incominciato a dire che tutto questo era duro, troppo duro: il suo
nome è tra quelli che ha fatto Socrates. «Sai, mi stanno
cercando.» «Ti stanno cercando?!» Ha annuito, con un sorriso
debole, dolce, e m’ha mostrato il quotidiano «Diario de la
Tarde». In prima pagina, in alto, a destra, c’era un grande titolo:
Buscan a dos lideres, cercano due capi. Uno dei nomi indicati
era il suo.
Mi sono quasi arrabbiata. Rischiare la vita così per venire a
vedermi, portarmi una bottiglia di vino. Sono saltata dal letto,
senza neanche avvertire il dolore, mi sono vestita alla svelta, e
gli ho detto che doveva uscire, assolutamente uscire da questo
albergo. Mentre dicevo così, qualcuno ha suonato alla porta.
Gabriele s’è nascosto nel bagno e mia sorella ha aperto la porta.
Era un messicano che dopo aver gettato un’occhiata s’è scusato
dicendo di aver sbagliato. Forse aveva davvero sbagliato ma
portar fuori Gabriele è stato ugualmente penoso. Lo abbiamo
messo nel mezzo, io e mia sorella, e poi abbiamo chiamato
l’ascensore. In ascensore lo chiamavamo George e parlavamo in
inglese. L’ascensore non arrivava mai a piano terreno e quando
c’è arrivato, finalmente, avremmo voluto tornare su. Ci
sentivamo come se tutti guardassero noi, e io duravo una gran
fatica a camminare in modo normale: per via della schiena e la
gamba. Fuori, siamo entrati alla svelta in un taxi. Ci siamo fatti