Page 386 - Oriana Fallaci - 1968
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per le Sue orchidee e confessarle una cosa. Lasciando l’ospedale
mi son portata dietro solo quelle orchidee, sa perché? Perché
volevo deporle sulla piazza delle Tre Culture dove caddero tante
persone. Ma non ci sono riuscita, signor Presidente: la piazza è
ancora presidiata dalle truppe. Peccato. In tale sconfitta non mi
resta che la consolazione di aver respinto le rose della stampa
messicana che mi dà di bugiarda.
E dire che, se la tristezza non mi schiacciasse, questi
sarebbero i giorni più divertenti della mia vita. Sembra infatti
che la polizia messicana mi abbia scambiato per una specie di
Debray femmina. Non solo perché all’ospedale gli agenti mi
sorvegliavano ventiquattr’ore su ventiquattro, ma perché perfino
le mie telefonate vengono controllate con scrupolo. Hanno
registrato perfino la conversazione che ho avuto con mia madre
a Firenze, e quando mia madre ha chiesto «è vero che vogliono
espellerti?» la linea è caduta: né c’è stato modo di riottenerla.
Ho ammirato molto il dignitoso coraggio con cui mi ha difeso
l’ambasciatore Belcredi. Ho ammirato anche il coraggio dei due
fiorentini che, sfidando la riprovazione dei più, mi hanno
invitata a cena non appena potrò camminare. È stato come
ricordarmi che forse gli uomini non sono sempre peggiori dei
pesci e degli alberi.
MERCOLEDÌ 9 OTTOBRE. Oppure non ho tutti i torti quando dico
che lo sono? Socrates Campos, uno dei capistudenti arrestati, ha
confessato fino all’ultima goccia: denunciando tutti i suoi
compagni. L’ho conosciuto quando ho intervistato lui e gli altri
studenti. Mi era parso un ragazzo onesto, sincero. V’era un che
di nobile in lui, avresti detto che si portava addosso l’intero
dolore di questo popolo infelice e audace. La tristezza ad
esempio del suo volto scarno, olivastro, invecchiato dai baffi
ricordava un poco Emiliano Zapata. La passione con cui si
esprimeva, mentre gli tremavano le labbra e gli occhi gli si
accendevan di una strana luce. Allorché mi disse di aver
diciott’anni (invece ne ha ventiquattro), pensai: mi piacerebbe