Page 260 - Oriana Fallaci - 1968
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materializzato in questo ragazzo cui la Costituzione e il timore
                dello scandalo offrivano una protezione di ferro: guai a toccarlo,

                guai  a  maltrattarlo  anche  psicologicamente.  Bisognava,  anzi,
                trattarlo con cura, come un oggetto prezioso ricordando che già

                la  gente  diceva:  «Quanto  credi  che  viva,  prima  d’esser  fatto
                fuori  da  un  risorto  Jack  Ruby?  Due  ore?  Due  giorni?».  Da

                Washington  sembra,  proprio  da  Washington,  era  giunta  una
                raccomandazione:  «Conservatelo  intatto».  Joe  Reddin,  il  capo

                della  polizia,  gli  aveva  spiegato  che  era  suo  diritto  tacere,
                rispondere  solo  alle  domande  dell’avvocato  non  appena  ne
                avrebbe  avuto  uno.  E  di  tale  avvertimento  egli  faceva  tesoro

                fino  all’ultima  goccia,  strafottente,  irritante,  arrogante.  «Non
                trattatemi come un disgraziato a cui si fa l’elemosina!» esclamò

                con  sprezzo  al  poliziotto  che  gli  offriva  sigarette  e  caffè,  e
                tentava di convincerlo a dire le sue generalità. Gli investigatori
                non sapevano a che santo votarsi, nell’archivio dei pregiudicati

                la  sua  foto  non  c’era,  in  tasca  non  portava  neanche  un
                documento: solo quattrocento dollari in biglietti da cento e un

                ritaglio di giornale che parlava male di Kennedy rimproverando
                le  simpatie  del  senatore  per  Israele.  Più  le  ore  avanzavano

                dentro la notte, più quel volto magro, scuro, sormontato da un
                grande naso, diventava un enigma. «Che sia messicano?» disse

                qualcuno.  «Io  direi  siciliano»  disse  un  altro.  «A  me  invece
                sembra  algerino.»  Verso  l’alba,  scoraggiati,  impotenti,  lo
                spedirono all’infermeria dove un medico gli riscontrò la frattura

                di un dito e la distorsione di una caviglia: entrambe avvenute
                durante  la  lotta  per  immobilizzarlo.  Come  si  chiamava,  chi

                fosse, lo seppero molto più tardi quando un giordano di nome
                Saidallah  Sirhan,  detto  Joe,  si  presentò  tutto  sconvolto  per

                raccontare  che  il  giovanotto  visto  alla  televisione,  poi  sulle
                fotografie dei giornali, insomma il tipo che aveva sparato a Bob

                Kennedy, era suo fratello: si chiamava Sirhan Bishara Sirhan,
                viveva con lui e la madre in una villetta di Pasadena, risiedeva
                negli Stati Uniti da undici anni quando l’intera famiglia Sirhan

                era  emigrata  dalla  Giordania  in  America  con  l’aiuto  di
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