Page 258 - Oriana Fallaci - 1968
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lo portassero all’ospedale di fronte, The Good Samaritan
Hospital, e lo sottoponessero a operazione chirurgica per
estrarre il proiettile, e di nuovo Bob fu posato su una barella, di
nuovo fu messo dentro un’ambulanza, di nuovo fu scaricato in
un ospedale. Che morte incredibile, allucinante. La lunga agonia
di quelle ore d’attesa, rese più spietate dalla certezza che non
servisse a niente salvarlo, se fosse vissuto sarebbe rimasto per
sempre in stato di coma, nel migliore dei casi imprigionato
dentro il polmone d’acciaio, incosciente come un vegetale: la
parte del cervello che regola l’intelligenza era stata colpita, e
anche quella che regola il movimento, la parola, la vista. La
folla inginocchiata per strada a pregare. I parenti che arrivano
l’uno dopo l’altro, ciascuno col suo aereo privato o d’affitto, il
fratello Ted da San Francisco, la sorella Pat da Denver, la
sorella Eunice da Hyannis Port, la sorella Jean da Parigi, la
cognata Jacqueline da New York, Lee Radziwill da Londra:
eleganti, riveriti, solenni, invidiati anche nella tragedia, come
membri di una famiglia reale, l’ultima vera famiglia reale che
esista oggi al mondo. E quella corte fantastica che sta loro
intorno, professori, scrittori, astronauti, campioni sportivi,
grandi attori del cinema, neanche uno che sia sconosciuto,
neanche uno che non faccia di per se stesso notizia. E quella
moglie incinta dell’undicesimo figlio, maledetta dal destino
come quei Kennedy cui ormai appartiene: nel 1955 i suoi
genitori, ancor giovani, morirono in un disastro aereo, nel 1966
suo fratello, quarantaquattrenne, morì in un altro disastro aereo.
Nel 1967 sua sorella, trentottenne, morì strozzata da un pezzo di
carne rimastole dentro l’esofago. E quella madre che ha
partorito e cresciuto otto figli perdendone la metà: prima Joe,
morto alla guerra mentre volava su un bombardiere B-24 sopra
l’Europa, poi Kathleen, precipitata con un aereo di linea quattro
anni dopo essere rimasta vedova di Robert, abbattuto anche lui,
un mese dopo Joe, nel cielo di Londra. Poi Jack, a Dallas. Poi
Bob, a Los Angeles. L’attesa durò ventiquattro ore. All’una e
quarantacinque del mattino seguente Pierre Salinger uscì dalla