Page 257 - Oriana Fallaci - 1968
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gentilmente!»  imploravano  tutti.  «Senza  respiro,  senza  polso,
                senza vita» disse il dottore a un altro dottore.

                    Ethel  udì:  «È  morto,  è  morto?».  Il  dottore  saltò  su  uno
                sgabello  e  cominciò  a  pigiare  sul  petto  di  Bob,  tentando  un

                massaggio  cardiaco,  ma  non  serviva  a  nulla  e  allora  gli
                somministrò un po’ di ossigeno, gli iniettò un po’ di adrenalina,
                ma  non  serviva  a  nulla  e  allora  sistemò  la  macchina  cuore-

                polmone.  Un  prete  arrivò,  batté  con  le  nocche  alla  porta  di
                vetro. Era il reverendo James Mundell, amico di Bob, e non era

                vestito da prete, aveva un paio di pantaloni grigi, una maglietta
                azzurra, e non portava neanche il collarino. Un poliziotto aprì la

                porta  a  vetri:  «Che  vuole?».  «Sono  un  prete.»  «Prete  dei
                miei…» «Padre Mundell!» chiamò Ethel. «Via di qui» disse il

                poliziotto. «La signora Kennedy mi vuole» disse padre Mundell.
                Il  poliziotto  lo  spinse  indietro  e  quasi  lo  fece  cadere.  «Padre
                Mundell!» ripetè Ethel. E gli corse incontro. Il poliziotto le dette

                un  pugno  fra  lo  stomaco  e  il  ventre,  proprio  dove  cresceva  il
                bambino,  l’ultimo  bambino  di  Bob.  «Aiuto!»  gridò  Ethel

                portandosi  al  ventre  entrambe  le  mani.  Padre  Mundell
                scaraventò  il  poliziotto  contro  il  muro  ed  entrò  nella  stanza

                numero  due.  Tolse  dalla  tasca  dei  pantaloni  una  boccettina  di
                metallo, con l’olio santo. La aprì, vi intinse il dito, portò il dito

                sulla fronte di Bob: «Ego te absolvo in nomine Patris et Filii et
                Spiritus Sancti…».
                    «Reverendo, mi lasci lavorare» disse il dottor Bazilauskas.

                    «Ma è morto» disse Ethel. «Non è ancora morto, ha ripreso a
                respirare» rispose il dottor Bazilauskas. E le porse lo stetoscopio

                perché si rendesse conto che il cuore batteva di nuovo. «Allora
                vive? Vivrà?» «Non so. Speriamo, speriamo.» In fondo al cuore
                ci  sperava  davvero  perché  era  stato  lui  a  curare  Patricia  Neal

                quando  aveva  avuto  quell’embolo,  e  con  un  embolo  come
                quello di Patricia Neal si muore sempre, mi avrebbe detto due

                giorni  dopo.  Patricia  Neal  invece  non  era  morta.  E  poi,  mi
                avrebbe detto: «Quando una persona è famosa si pensa sempre

                che non debba morire, che non possa morire». Così ordinò che
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