Page 256 - Oriana Fallaci - 1968
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Ethel si alzò, gli strappò dalle mani lapis e taccuino, li gettò
                lontano:  «Portatelo  viaaaa!».  I  due  infermieri  si  chinarono  su

                Kennedy, gli girarono bruscamente la testa. «Oh, no! No, no!»
                gemé  Bob.  «Gentilmente,  gentilmente!»  implorò  Ethel.  I  due

                infermieri sollevarono Bob come un sacco di patate. «Oh, no!
                Non…  non…»  gemé  ancora  Bob.  E  perse  coscienza.  «Piano!
                Piaaano!» gridò Ethel. Lo misero finalmente sulla barella. «Che

                dici? Gli facciamo una fasciatura?» brontolò quello del lapis e
                del taccuino. E con mani di piombo cominciò a fasciargli alla

                meglio  la  testa.  Ethel  si  gettò  su  di  lui,  tolse  la  fasce:
                «Mascalzone,  cretino!  Tolga  quelle  sudice  sozze  mani  dalla

                testa di mio marito!». L’infermiere le dette una spinta. Ethel lo
                schiaffeggiò. «Non lo rifaccia, signora. O qualcuno qui si trova

                col  muso  rotto»  ghignò  l’infermiere.  Poi  spinsero  la  barella
                verso  un  ascensore.  «Piano,  piano!  Gentilmente!»  ripeteva
                Ethel.  «Solo  la  moglie  dentro  l’ambulanza»  ripeteva

                l’infermiere. Due amici, un giornalista, Bill Barry, riuscirono a
                entrarci.  L’ambulanza  partì,  nella  notte  calda,  le  sirene

                fischiavano.  «C’è  proprio  bisogno  di  questo  rumore?»  si
                lamentava Ethel. Poi disse: «Non respira, non respira più». Un

                infermiere afferrò una maschera a ossigeno e con gesti maldestri
                sollevò  la  testa  di  Bob,  ci  legò  intorno  la  maschera.  La  legò

                proprio  sotto  l’orecchio  destro,  dove  c’era  il  buco  della
                pallottola.  «Oh,  no!»  gridò  Ethel.  E  si  coprì  il  volto,
                rabbrividendo d’orrore.

                    Wilshire  Boulevard,  Mac  Arthur  Park,  Union  Street.
                L’ambulanza che corre, nella notte calda, con decine e decine di

                automobili  dietro,  e  motociclette,  e  motorette:  che  morte
                incredibile,  allucinante.  Al  Central  Receiving  Hospital
                aspettavano  decine  di  fotografi,  quando  la  barella  fu  tolta

                dall’ambulanza i flash lampeggiarono come mille saette. «Non
                ora,  non  ora,  abbiate  pietà!»  piangeva  Ethel.  La  barella  fu

                portata al pronto soccorso, stanza numero due. Il dottor Victor
                Bazilauskas  si  chinò  su  Bob,  lo  schiaffeggiò  un  po’  sulle

                guance:  «Bob!  Bob!  Svegliati!».  «Oh,  gentilmente,  per  carità,
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