Page 248 - Oriana Fallaci - 1968
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usciva nel salone gremito di gente e lei lo seguiva. Però subito
                dopo tornavano, si rimettevano nell’angolo, e lui riprendeva a

                parlare con quel tono preoccupato e quella mano sullo stomaco.
                    I  camerieri  credevano  che  si  trattasse  di  una  coppia  che

                lavorava per Kennedy, tutta la folla pressata nei saloni dell’hotel
                Ambassador era folla di Kennedy: il giovanotto andava e veniva
                da mezzogiorno, ed erano ormai le undici di sera. Proprio verso

                le  undici  il  giovanotto  cominciò  a  dare  segni  di  impazienza.
                Fermò il cameriere Vincenzo Di Pierro e gli domandò: «Quando

                viene?».  Di  Pierro  rispose:  «Chi?».  «Il  senatore.»  «E  che  ne
                so?» «Però, quando viene, viene da questa parte sì o no?» «Che

                ne  so?»  ripeté  Di  Pierro.  Dopo  cinque  minuti  il  giovanotto
                ripeté  la  domanda  a  un  altro  cameriere,  Jesus  Perez,  e  dopo

                dieci  minuti  la  pose  a  un  altro  ancora,  Karl  Uecker,  che
                esclamò: «Oh, ragazzo, non rompere le scatole!». Allora lui si
                appoggiò al frigorifero, e la ragazza gli toccò una spalla come

                per dire «calmati», ma nessuno ci fece caso perché tutti, quella
                sera,  erano  nervosi:  andavano  su  e  giù  facendo  domande,

                raccomandandosi  reciprocamente  la  calma.  C’era  gran
                confusione,  si  incrociavano  grida:  «Sembra  che  ce  la  faccia»,

                «no, McCarthy va forte», finché uno del gruppo Kennedy strillò
                di chiudere le porte, controllare chi entrava e usciva. Era Bill

                Barry, il grosso irlandese scelto da Bob come guardia del corpo.
                    Da lunedì pomeriggio Bill Barry appariva come angosciato.
                Forse a causa dell’episodio avvenuto proprio lunedì pomeriggio

                nel quartiere cinese di San Francisco, quando in mezzo al corteo
                delle automobili erano esplosi dei colpi, e Bob aveva abbassato

                la testa sulle ginocchia, rabbrividendo: Bill si era gettato su di
                lui, rabbrividendo, Ethel aveva gridato. Non erano colpi, erano
                petardi  che  i  cinesi  facevano  scoppiare  per  gioia,  ma  Bill  più

                tardi aveva esclamato: «Ho paura di non bastare. Da solo non ce
                la faccio. Ho paura di non essere svelto abbastanza quando il

                momento verrà. La notte nascondiamo le automobili perché non
                ci mettano bombe, la sua camera è sempre sorvegliata quando

                dorme, ma a che serve se lui si mischia sempre alla gente e io
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