Page 240 - Oriana Fallaci - 1968
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selvaggia di Satipo. De la Puente era un avvocato di Lima, un
                politico che in Italia sarebbe stato con Saragat. Per formare la

                banda nella regione di Satipo aveva lasciato la giovane moglie,
                la figlia appena nata, la carriera, la cattedra universitaria. Dopo

                averlo ammazzato misero il corpo dentro una buca e gettarono
                una bomba dentro la buca: affinché i resti andassero disintegrati
                e  non  fossero  seppelliti  a  Lima  e  provocassero  pellegrinaggi

                degli indio. Era un grosso personaggio, questo De La Puente, e
                nessun Hemingway ne cantò la fine in un romanzo destinato a

                diventare il soggetto di un film.






                Una rivolta inconscia


                I comunisti catechizzano gli intellettuali, gli studenti ad esempio

                che entrano nell’università di Lima o di Cuzco: la città di Cuzco
                era in passato un centro esclusivamente turistico, un luogo dove

                europei e americani si fermavano per veder le rovine degli Inca
                o  proseguire  alla  volta  del  Machu  Picchu,  ora  è  un  centro  di
                agitazioni. Insieme agli intellettuali, poi, catechizzano gli operai

                di Huancayo e di Oroya, centro metallurgico e minerario. Ma gli
                indio,  cioè  gli  analfabeti,  i  disperati  delle  barriada,  non  li

                catechizza  nessuno  perché  non  ne  capiscono  nulla,  loro,  di
                leninismo e marxismo, lotta di classe. Quelle sono parole che
                usano i mestieranti della sommossa, gli agenti di Cuba, i tipi che

                non vanno a piedi per miglia e non frugano nel luridume delle
                pattumiere.  Per  gli  indio  la  rivolta  è  inconscia,  istintiva:  è  la

                rivolta di chi si sveglia con le palpebre ancora gommose da un
                sonno di quattrocent’anni, e in ritardo di quattrocent’anni vuol

                vendicarsi degli invasori, dei barbari. Ma proprio per questo può
                accadere  di  tutto  in  Perù.  Retto  da  un  governo  democratico,

                dominato in realtà da un esercito più interessato al potere che
                alle  riforme,  negli  ultimi  anni  il  bilancio  statale  ha  assegnato
                alle forze armate una cifra quattro volte superiore a quella pei

                lavori pubblici e l’agricoltura, diviso fra l’allucinante ricchezza
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