Page 191 - Oriana Fallaci - 1968
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sono troppo occupati in Vietnam per potersi permettere anche il
peso di Hong Kong. Non sono così pazzi da aprire il fuoco alle
frontiere con la Cina. La nostra lotta per ora è contro gli
aggressori inglesi e le loro atrocità sanguinarie. Che poi nella
sostanza e nei suoi scopi finali la nostra lotta sia contro gli
americani è un altro discorso. Lo sa tutto il mondo che il nostro
nemico numero uno è il governo di Johnson.
Mademoiselle! Ho parlato di pazienza, di tempo. Tutto ha un
limite, ovvio. Quando parlo di tempo non mi riferisco certo ai
trent’anni in cui gli inglesi cullano le loro illusioni. Gli inglesi
non possono tenere Hong Kong così a lungo, fino allo scadere
del contratto dei nuovi territori. Perché se i cinesi possono
sostenere a lungo la lotta, gli inglesi non possono. Per ragioni
politiche e soprattutto economiche: le finanze di Hong Kong
hanno già risentito dei moti di maggio e di luglio, il commercio
è diminuito, il turismo s’è rarefatto. Mademoiselle, ricordi ciò
che le dico: i nostri compagni condannati a dieci anni non
resteranno in prigione così a lungo. Oltretutto non bisogna
dimenticare un fattore definitivo: la gioventù. I giovani cinesi di
Hong Kong sono contro l’Inghilterra e non temono la nuova
Cina. La rivoluzione ce l’hanno nel sangue, provocata dai loro
stessi precettori bianchi: non era mai successo a Hong Kong che
ragazzi di quindici anni, educati nelle scuole governative
inglesi, costretti a leggere ogni mattina la Bibbia, si ribellassero
con tanta forza. Certo vi sono anche cattivi cinesi a Hong Kong:
i poliziotti per primi. Ma non bisogna dimenticare che, dopo la
rivoluzione in Cina, Hong Kong è stata invasa da gangster,
proprietari terrieri, funzionari di Chiang Kai-shek, prostitute,
ladri: la melma, cioè, del paese. Noi stessi li abbiamo lasciati
andare affinché la Cina si purificasse: c’era tanta corruzione in
Cina, non dimentichi che abbiamo quasi quattromila anni di
vita. Così a questi cinesi, che spesso sono i genitori dei giovani
rivoluzionari, va addebitata la lentezza della nostra lotta. A
causa loro non possiamo precipitare le cose. Prima bisogna
insegnare a questi cattivi fratelli la rivoluzione, e poi fare la