Page 187 - Oriana Fallaci - 1968
P. 187
processati e condannati per omicidio. Bisogna ammettere che,
alla luce delle circostanze, fu da parte nostra un processo assai
coraggioso. E poi non è vero che ci siano stati tutti quei morti. I
giornali comunisti parlarono di duecento morti e gli stessi agenti
di Pechino furono costretti a smentirli, ridimensionare la cifra a
venti. Molto sangue era vernice rossa: i dimostranti portavano in
tasca boccettine di vernice rossa che poi si gettavano addosso
per fingere d’esser feriti, ed eccitare la folla. Portavano in tasca
anche bende insanguinate. Eh, sì: questi moti hanno avuto anche
momenti umoristici. Quando incominciarono ad apparire le
scritte con le minacce e i pensieri di Mao, dalla Banca di Cina si
misero a trasmettere dischi incisi a Pechino. Senza il minimo
buonsenso, oltretutto, perché erano dischi in mandarino e a
Hong Kong nessuno parla il mandarino: parlano il cantonese. Li
lasciammo fare finché non si accorsero dell’errore e a quel
punto reagimmo installando a nostra volta altoparlanti che
trasmettevano canzonette in cantonese. Proprio qui, alle finestre
della Beckensfield House che come vede è proprio di fronte alla
Banca di Cina. Si faceva a chi teneva il volume più alto, ci
massacravamo reciprocamente con il mal di testa. Ma i primi a
capitolare furono loro.
Ora c’è una quiete relativa. Se sia dovuta al fatto che Pechino
ha ordinato la calma o al fatto che i comunisti stanno
preparando altre fasi di lotta, non so. È certo che la loro parola
d’ordine attualmente è: rubare le armi ai poliziotti. Il primo
fucile venne rubato in autunno e da allora non passa giorno
senza che un nostro poliziotto venga disarmato. A mio parere
tali furti restano sul piano della propaganda e dell’incertezza.
Una incertezza dovuta alla frattura che esiste fra i comunisti di
Hong Kong e il governo di Pechino, Pechino non dà ordini
precisi, non si fida evidentemente dei quattro milioni e mezzo di
cinesi di Hong Kong. La maggioranza dei cinesi di Hong Kong
sonnecchia in indifferenza: conquistarli alla causa comunista è
difficile perché quasi tutti sono rifugiati da Shangai e da
Canton. Hong Kong non è pronta per Pechino, solo i giovani