Page 12 - Oriana Fallaci - 1968
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questa  domanda:  «A  chi  dovrà  essere  consegnato  il  vostro
                cadavere?». Presi alla sprovvista, abbiamo scritto: «Ambasciata

                italiana  a  Saigon».  Moroldo  brontola  che  lo  disturba  solo  un
                particolare: l’intera faccenda è avvenuta di venerdì 17. Anche le

                uniformi  le  abbiamo  prese  di  venerdì  17,  ma  bando  alle
                spiritosaggini:  in  poco  più  di  due  anni  sono  morti  dieci
                giornalisti  in  Vietnam.  Ricordiamoli,  non  lo  fa  mai  nessuno.

                Maggio 1965, Pieter Ronald Van Thiel: ucciso dai vietcong a
                sud di Saigon. Giugno 1966, Jerry Rose: precipitato con l’aereo

                colpito da una cannonata a Quang Ngai. Ottobre 1966, Bernard
                Kolenberg: precipitato con un caccia sulla zona demilitarizzata.

                1966,  Huynh  Thanh  My:  ucciso  in  battaglia  a  Can  Tho.
                Novembre 1966, Dickey Chapelle: saltata su una mina a sud di

                Da  Nang.  Novembre  1966,  Charlie  Chellapah:  disintegrato  da
                un  mortaio  a  Cu  Chi.  Dicembre  1966,  Sani  Castali:  ucciso  in
                combattimento  nelle  pianure  centrali.  Febbraio  1967,  Bernard

                Fall: sventrato da una mina nella foresta di Hué. Marzo 1967,
                Ronald  Gallagher:  ucciso  per  errore  dall’artiglieria  americana

                nei pressi di Saigon. Maggio 1967, Felipa Schiller: mitragliata
                sull’elicottero che la portava a Da Nang.

                    Di  feriti,  quest’anno,  ce  ne  sono  stati  una  trentina.  Ieri  a
                Saigon ho conosciuto Catherine Leroy, fotografa francese. Ha

                ventitré anni, il braccio destro, la gamba destra, la parte destra
                del  volto  coperti  di  cicatrici,  e  cammina  zoppa.  Lo  scorso
                maggio, durante un combattimento al 17° parallelo, le scoppiò

                accanto un colpo di mortaio. È stata tre mesi in ospedale, dal
                corpo  le  hanno  tolto  diciotto  schegge,  ma  al  piede  la  ferita

                continua a riaprirsi, riaprirsi, e i medici non sanno più cosa fare.
                Le ho chiesto: «Perché non torni a casa, Catherine?». Ha sorriso
                senza  rispondermi.  Che  strani  tipi  questi  miei  colleghi  in

                Vietnam.  Alcuni  sono  fior  di  giornalisti  e  potrebbero  stare  a
                Londra o a Parigi: invece bestemmiano e rimangono qui. Altri

                sono  reporter  improvvisati,  nessuno  li  voleva  mandare:  ma
                hanno  supplicato  o  sono  venuti  da  sé,  a  loro  spese.  Cosa

                cercano, dimmi. Uno scopo che non avevano prima? Un brivido
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