Page 7 - Oriana Fallaci - 1968
P. 7
«Ricordo l’estate del 1968. Rientrai a New York dodici ore
dopo l’assassinio di Robert Kennedy. In aprile Martin Luther
King, in giugno Robert Kennedy. Le fotografie dei bambini che
morivan di fame nel Biafra, i combattimenti fra gli arabi e gli
israeliani, i carrarmati sovietici a Praga, i vandalismi degli
studenti borghesi che osano invocar Che Guevara e a scuola ci
vanno con la fuoriserie di papà.»
Ancora la Storia, ancora in prima linea. «Uscivo dal sangue
per ricadere sempre nel sangue» scrive mettendosi alla ricerca
della verità dei due assassinii di Memphis e di Los Angeles.
Interroga testimoni, va sui luoghi delle ultime ore di Martin
Luther King e Bob Kennedy, per concludere poi mestamente,
ma realisticamente – e possiamo dirlo oggi – «di certo non
sapremo mai la verità vera. Esattamente come accadde a Dallas,
come accade sempre nella storia del mondo».
Poi visita l’India dei santoni e la sua penna torna a graffiare
chi, all’epoca, in Europa si rivolgeva alle filosofie orientali
come alla soluzione ai contrasti dell’Occidente. In due articoli
brillanti e ironici, mostra tutto il suo scetticismo e con sguardo
divertito informa il lettore di essere «sconvolta dai miracoli» ai
quali ha assistito, senza dimenticare però di fare l’affresco di un
mondo incredibile. «Venire in India d’estate è una follia» scrive
alla madre «tuttavia ho visto cose di un tale interesse, così
sbalorditive e affascinanti, che nella sostanza accetto anche
questa follia.» Ritorna in Italia per pochi giorni e poi riparte per
Città del Messico, a documentare la protesta degli studenti
prima delle Olimpiadi, duramente repressa dal regime nel
massacro di piazza Tlatelolco, in cui lei stessa viene ferita
facendo trattenere il respiro a tutta Italia. Solo Oriana non ha
paura e non si tira indietro, sa che «in guerra una buona ferita è
una grossa fortuna perché è difficile venire colpiti due volte».
«Nessuno ferisce Oriana senza pagare per questo» testimonia
«Time», che le dedicherà un ritratto celebrandola come la più
importante giornalista italiana. Sembra quasi di sentirla quando
urla agli agenti che la insultavano mentre attendeva i soccorsi: