Page 5 - Oriana Fallaci - 1968
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Nota dell’Editore




















                «Capisco  il  Suo  lavoro  e  lo  rispetto  moltissimo.  Inoltre  i

                carabinieri  mi  stanno  simpatici.  Sono  sempre  loro  i  primi  a
                crepare.  Per  gli  altri.  Ma,  se  cerca  proprio  notizie  riguardanti

                l’Italia  degli  anni  che  cita,  io  sono  ahimè  la  persona  meno
                adatta. Come si può vedere dai miei articoli, infatti, dal 1967 al
                1975 sono stata quasi sempre al fronte in Vietnam. Quando non

                ero  in  Vietnam,  ero  in  paesi  altrettanto  remoti.  In  India  o  in
                Bangladesh  per  la  guerra  indo-pakistana.  A  Hong  Kong  o  a

                Macao  per  le  sommosse  maoiste.  In  Brasile  o  in  Perù  per  le
                turbolenze  locali.  In  Giordania  o  in  Israele  per  i  conflitti

                mediorientali. Al Messico, dove venni gravemente ferita nella
                strage  di  Tlatelolco  e  messa  fuori  servizio  per  alcuni  mesi.

                Unica eccezione a quel tipo di lavoro, i voli spaziali che tra una
                corrispondenza di guerra e l’altra seguivo da Capo Kennedy. Di
                rado ero a casa, cioè a New York dove abito da circa trent’anni.

                Ancor  più  di  rado  in  Italia  dove  andavo  solo,  di  fretta,  per
                vedere i miei vecchi genitori.»

                    Oriana  Fallaci  risponde  con  queste  parole  alla  richiesta  di
                Massimo  Giraudo,  capitano  dei  Ros  dei  carabinieri,  che
                vorrebbe farle alcune domande sul 1968 italiano e gli Anni di

                piombo. Ma lei, che fino a pochi mesi prima si destreggiava tra
                le  conquiste  degli  astronauti  americani  e  la  Dolce  vita  di  via

                Veneto,  del  1968  italiano  conosce  solo  i  racconti  dei  suoi
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