Page 6 - Oriana Fallaci - 1968
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colleghi che arrivavano in Vietnam.
Nel novembre del 1967 aveva chiesto e ottenuto da
Tommaso Giglio, allora direttore dell’«Europeo», di seguire
come inviata il conflitto nel Vietnam, dove tornerà dodici volte
in sette anni. Gli altri direttori fino a quel momento si erano
limitati a ringhiarle che quello «Non è un mestiere per donne».
Giglio invece sa che si può fidare del suo fiuto. «Con me non si
è mai comportato da direttore: mi lasciava essere direttore di me
stessa. Aveva capito, insomma, che a briglia sciolta io corro
meglio e di più: se mi mettono le redini e una sella, smetto
d’essere un cavallo da corsa e divento un mulo bizzoso.»
«Sono qui per capire» scrive nel gennaio 1968 a Saigon,
sotto i bombardamenti «per sapere cosa pensa un uomo che
ammazza un altro uomo che a sua volta lo ammazza: senza
conoscerlo. Sono qui per provare qualcosa a cui credo: che la
guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della
razza terrestre.»
L’accompagna il fotografo Gianfranco Moroldo, autore di
alcune sue fotografie indimenticabili. Oriana al fronte con i
mocassini, perché non c’erano scarponi della sua misura. Oriana
minuscola ed esausta che si riposa appoggiata al suo zaino
corredato di istruzioni per la riconsegna ai suoi genitori in caso
di morte. In poco tempo diventa un’icona del giornalismo di
trincea. Va sui fronti più caldi del conflitto e interroga i
rappresentanti di tutte le parti in causa – soldati americani,
vietcong, religiosi, generali –, dando vita a una testimonianza
unica del dramma del piccolo popolo contro la superpotenza
USA, quello stesso popolo adottato come simbolo dai
movimenti operai e studenteschi europei.
Ma non si ferma lì. Negli articoli per «L’Europeo», alcuni
dei quali ripubblicati per la prima volta in questo libro, un vero
e proprio diario di quell’anno cruciale, passa all’America della
Guerra fredda, delle lotte razziali e di quelle per i diritti civili,
da dove traccia i ritratti dei protagonisti dell’epoca – da Robert
Kennedy a Martin Luther King, a Nixon.