Page 58 - Le canzoni di Re Enzio
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immobili, erte, le dugento scolte
veglianti intorno al re prigione.
Fu il venerdì della battaglia al Ponte
di Benevento. Enzio guardava al sole,
il re vedeva l’Asinella acuta,
la rossa torre sulla via di Roma.
Per là nel verno il conte di Monforte,
coi maliscalchi e cavalier di Francia,
avea stradato. Allor già verno,
è ora fin di ferraio; ora in Campagna e Puglia
che avvien di voi, leoni di Soave?
Ora in Palagio i sedici custodi
sparsi per l’aula seguono con gli occhi
il re pensoso. Egli ode nella strada
la cantilena lunga di un giullare
e un aspro suono di vivuola:
Sale Ulivieri e guarda a giù dal monte,
guarda la valle piena di grandi ombre.
Rumor di contro viene dalle forre,
rumor di zampe sopra secche fronde.
Muli e cavalli fiutano altre torme
lì dirimpetto, e rignano all’odore.
Schiarisce il giorno, son le nubi rosse.
Suonano i corni, squillano le trombe.
AOI
Guarda Ulivieri, guarda nella valle.
Quanti elmi al sole, quante spade e lancie!
Gli osberghi d’oricalco hanno le frangie:
bandiere al vento, rosse azzurre e bianche.
I gonfaloni pendono dalle aste;
punte su razzano come fiamme.
Son tante schiere, ch’e’ non può dir quante.
Giammai non vide sforzo così grande.
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