Page 54 - Le canzoni di Re Enzio
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ché dopo i galli è gran silenzio: ogni uomo
            parla sommesso ad un suo morto caro.

            Eya! c’è tempo allo schiarir dell’alba...
            Ma voi gridate, o guaite, a vuoto! Oh guaite,

                       codesta vostra veglia è vana!



            E’ non v’è più! Fuggito è il re! Si trova
            oltre le mura, oltre i serragli e il Reno.

            È già più lungi anche del suo reame,
            è già più lungi anche del sacro impero.

            Non più prigione e non più re, si trova
            nel luogo all’oriente della terra,

            dove uscì prima l’erba che fa il seme,
            dove uscì prima l’arbore ch’ha il frutto.

            Non è più re, né manto egli ha, che falbo;
            non ha che il musco d’oro, onde si veste

                       da sé la calda creta umana.



            Non è più re, ma d’una schiava, in dono,
            la libertà che a lei fu resa, egli ebbe.

            La dolce schiava gli ha portato il sole
            di ch’ella è piena, che ne’ campi imbevve.

            Egli alla nuda libertà s’è stretto,
            bee l’aria pura di tra le sue labbra,

            tra le sue braccia prieme l’erba folta,
            da tutta aspira il grande odor del sole.

            All’ombra egli è del legno della vita,
            e presso il cuore sente mormorare

                       l’inestinguibile fontana.



            E dorme alfine, dorme l’Uomo avvinto
            alla dolce Eva. Quella che fu schiava,

            quei che fu re tengono il capo accanto,
            e l’onde brune solcano le bionde.

            No, non e’ dorme: s’è addormito il mondo
            intorno a loro. Ei solo è desto, e vede

            l’acque dormire, lieve ansare i venti,
            chiudere il cielo gravi le sue stelle,




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