Page 55 - Le canzoni di Re Enzio
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sparir la terra. Liberi e sereni
sentono il tutto che s’annulla preso
dalla dolcezza antelucana.
Eya! gridate, Eya! gridate a vuoto
l’ultima volta, o guaite del palagio.
Ed ecco suona la campana.
XI. L’ALBA
«Dormendo or ora ho udito la campana
che da sette anni io so tra l’altre squille.
Ella m’ha detto tristamente e plana:
- Comincia un dì come già mille e mille –
Amore, a Deo! Ven l’alba».
«Non anco in cielo s’è sentito il canto
dell’allodetta che destando il broilo
pleno d’oselli, al lusignolo accanto
passa e gli dice: — Dormi, o lusignolo:
non cantar più, ch’è l’alba». —
«Qui non è broilo e foglia d’albaspina.
Qui non se sente risbaldire oselli.
Ben sì la gaita canta la maitina,
svernano entorno clavi e clavistelli.
Pàrtite, amore, a Deo!»
«Partir, se resti, come porò mai?
Eo plu non amo quel che tanto amava.
Eo plu non vollio quel che tu non hai,
ch’eri tu re et eo taupina sclava.
Or me basa, oclo meo».
«Va’ ne, mea bella, e non far più lamento,
ch’eo vegno teco, teco vegno fuori.
Questo si fa per dolze incantamento.
G. Pascoli - Le canzoni di Re Enzio 51