Page 96 - Canti di Castelvecchio
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67. Il bolide

              Tutto annerò. Brillava, in alto in alto,
            il cielo azzurro. In via con me non c'eri,
            in lontananza, se non tu, Rio Salto.
              Io non t'udiva: udivo i cantonieri
            tuoi, le rane, gridar rauche l'arrivo
            d'acqua, sempre acqua, a maceri e poderi.
              Ricordavo. A' miei venti anni, mal vivo,
            pensai tramata anche per me la morte
            nel sangue. E, solo, a notte alta, venivo
              per questa via, dove tra l'ombre smorte
            era il nemico, forse. Io lento lento
            passava, e il cuore dentro battea forte.
              Ma colui non vedrebbe il mio spavento,
            sebben tremassi all'improvviso svolo
            d'una lucciola, a un sibilo di vento:
              lento lento passavo: e il cuore a volo
            andava avanti. E che dunque? Uno schianto;
            e su la strada rantolerei, solo...
              no, non solo! Lì presso è il camposanto,
            con la sua fioca lampada di vita.
            Accorrerebbe la mia madre in pianto.
              Mi sfiorerebbe appena con le dita:
            le sue lagrime, come una rugiada
            nell'ombra, sentirei su la ferita.
              Verranno gli altri, e me di su la strada
            porteranno con loro esili gridi
            a medicare nella lor contrada,
              così soave! dove tu sorridi
            eternamente sopra il tuo giaciglio
            fatto di muschi e d'erbe, come i nidi!
              Mentre pensavo, e già sentìa, sul ciglio
            del fosso, nella siepe, oltre un filare
            di viti, dietro un grande olmo, un bisbiglio
              truce, un lampo, uno scoppio... ecco scoppiare
            e brillare, cadere, esser caduto,
            dall'infinito tremolìo stellare,
              un globo d'oro, che si tuffò muto
            nelle campagne, come in nebbie vane,
            vano; ed illuminò nel suo minuto
              siepi, solchi, capanne, e le fiumane
            erranti al buio, e gruppi di foreste,
            e bianchi ammassi di città lontane.
              Gridai, rapito sopra me: Vedeste?
            Ma non v'era che il cielo alto e sereno.
            Non ombra d'uomo, non rumor di péste.
              Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno
            di grandi stelle; il cielo, in cui sommerso
            mi parve quanto mi parea terreno.


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