Page 27 - Canti di Castelvecchio
P. 27

“Ho inteso dire ch'hanno le sue bestie:
            quali, pecore, e quali, proprio bestie,
            ossia da frutto, ovvero anche da groppa.
            Ma piccoline e verdi queste, e quelle
            con una lana molle come sputo:
            pascono in cento un cuccolo di fiore.
            E il pastore ha due verghe, esso, non una:
            due, con nodetti, come canne; e molge
            con esse: le vellìca, e dànno il latte;
            o chiuse dentro, o fuori, per le prata:
            come noi, che si molge all'aria aperta,
            nella statina, le serate lunghe:
            quando su l'Alpe c'è con noi la luna
            sola, che passa, e splende sui secchielli,
            e il poggio rende un odorin che accora”.
              E disse il Quarra, un capo, uno che molto
            girò, portando santi e re sul capo,
            di là dei monti e del sonante mare:
            ora s'è fermo, e campa a campanello:
            “Lessi in un libro, ch'hanno contadini
            come noi; ma non come mezzaiuoli
            timidi sol del Santo pescatore,
            e che, d'ottobre, quando uno scasato
            cerca podere, a lui dice il fringuello:
            - Ce n'è, ce n'è, ce n'è, Francesco mio! -
            Quelli no, sono negri. Alla lor terra
            venne un lontano popolo guerriero,
            che il largo fiume valicò sul ponte.
            Fecero un ponte: l'uno chiappò l'altro
            per le gambe, e così tremolò sopra
            l'acqua una lunga tavola. Fu presa
            la munita città, presi i fanciulli,
            ch'or sono schiavi e fanno le faccende;
            e il vincitore campa a campanello”.
              E qui la China, madre d'otto figli
            già sbozzolati, accoccò il filo al fuso,
            mise il fuso sul legoro, le tiglie
            si strusciò dalla bocca arida; e disse:
              “Io l'ho vedute, come fanno ai figli
            le madri, ossia le balie. Hanno figlioli
            quasi fasciati dentro un bozzolino.
            Lo sa la mamma che lì dentro è chiuso
            il lor begetto, ch'è cicchin cicchino,
            e dorme, e gli fa freddo e gli fa caldo.
            Lasciano all'altre le faccende, ed esse
            altro non fanno che portare il loro
            furigello ora all'ombra ed ora all'aspro,
            in collo, come noi; ch'è da vedere
            come via via lo tengono pulito,
            come lo fanno dolco con lo sputo;


                                                            29
   22   23   24   25   26   27   28   29   30   31   32