Page 94 - La passione di Artemisia
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consultò un elenco. Mi indirizzò ai piani superiori, verso la sala delle
udienze. Da una finestra vidi che il palazzo era anche più grande di quanto
paresse dalla strada, con le due ali perpendicolari alla facciata che si
protendevano verso un prato erboso in pendio, formando una U che
racchiudeva un cortile per le carrozze.
Attraversai il primo salone finestrato, pieno di sculture antiche e,
passando attraverso una porta dalla cornice di marmo, fui introdotta in una
sala decorata da elaborate cornici bianche e oro. Le pareti erano foderate di
broccato di un rosa intenso e cariche di quadri. Non avevo tempo di
guardarli. L'etichetta voleva che il mio sguardo fosse rivolto al granduca
Cosimo. Lui e i suoi ospiti erano seduti a tavola, rivolti verso il cortile e
mangiavano, mi parve, dei fagiani arrosto ripieni, circondati da olive e
carciofi. Decorazioni di piume di fagiano si aprivano a ventaglio su
monticelli di mele cotogne, datteri, fichi e mandorle. Non sapevo, quando
ero a Roma, che il cibo poteva anche essere un'opera d'arte.
Venni annunciata da un cerimoniere, mi avvicinai e feci un inchino.
«Ecco dunque la mano femminile che impugna un pennello tanto
possente», disse Cosimo, stendendo verso di me il braccio in segno di
benvenuto. «Avevo sperato di incontrarvi all'Accademia».
«Vostra Serena Grazia, sono immensamente onorata», risposi sempre
inchinata, con lo sguardo sul pavimento a tarsie che ci separava. «E vi
chiedo venia per aver disturbato i vostri ospiti».
«Sono io a sentirmi onorato per un simile dono, madamigella».
Mi domandai cosa sapesse di me.
«Avete dato alla vostra Giuditta un volto davvero duro, sapete?»
«E' concentrata. Come tutte le eroine, vive profondamente il suo
compito».
«Come voi, senza dubbio, vivete il vostro», disse ridendo.
«E chi è stato, se posso osare chiedere, il vostro modello maschile, che
ha meritato una simile vendetta?»
«Non si tratta di vendetta personale, Vostra Grazia».
Madonna mia, fa' che non lo offenda. «Se mai si deve parlare di
vendetta, è una vendetta contro la tirannia».
A queste parole annuì lentamente, pensieroso. «Troverò un bel posto
per la vostra Giuditta che uccide Oloferne nella Sala dell'Iliade». Si mise a
ridere. «Un luogo in cui i miei ospiti forse sentiranno la necessità di essere
risvegliati da piaceri più passivi. State sicura che si troverà in buona
compagnia e, inoltre, che non deve essere un dono. Sarete generosamente
compensata».
«Sono nuovamente onorata, Illustrissimo».
«Ma non dovrà essere il solo esempio di una mano e una mente così
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