Page 93 - La passione di Artemisia
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me ne commissiona un'altra, temo che a casa si preparino tempi difficili.
Prega per me.
Tua sempre ammiratrice e discepola Artemisia Quand'ebbi terminato
questa lettera, quella di Cosimo mi riuscì più facile.
Una settimana dopo aver ricevuto il mio quadro e la lettera, Cosimo,
con un tocco di gentilezza, mi invitò a Palazzo Pitti concedendomi la facoltà
di scegliere il momento che preferivo.
Pietro bofonchiò: «E' naturale. Cosa ti aspetti, quando butti via la tua
arte?»
«Potresti farlo anche tu, sai?»
«Mettergli sotto il naso il mio lavoro? E' più elegante dipingere per
committenti meno importanti e attendere che noti le mie opere da solo».
«Attendere? E per quanto tempo? Siamo mortali, Pietro.
A ogni nostro respiro la sabbia scorre nella clessidra».
«Non essere morbosa».
«Non lo sono. Sono solo realistica».
Poiché s'era agli inizi dell'autunno, in quel breve periodo, tanto bello e
dolce a Firenze, tra le lunghe giornate soffocanti dell'estate e le piogge
novembrine, attraversai a piedi Ponte Vecchio, invece di spendere soldi per
una carrozza.
L'Arno si era ridotto a un fiumiciattolo fangoso ed era sparito il solito
riflesso degli edifici color ocra, che tremolava sulla superficie delle sue
acque verdi. Lungo le rive, il putrido liquame era orlato da erbe e alghe e
dall'acqua stagnante si levavano nugoli di zanzare. Ma tutto questo non mi
mise di malumore.
Se Pietro fosse stato con me, si sarebbe lasciato deprimere dal puzzo e
dalle zanzare. Forse sarebbe anche tornato indietro, si sarebbe convinto a
provare un altro giorno e alla fine avrebbe rinunciato. Pareva fare sempre
delle cose che gli nuocevano, come accettare di restaurare un affresco,
senza insistere per ottenere una nuova commissione. E poi non usava mai
la vernice veneziana d'ambra, quando era chiaro a entrambi che avrebbe
molto migliorato l'effetto delle sue opere. Non riuscivo a capirlo. Se una
persona ama qualcosa più di tutto il resto, se ritiene prezioso il lavoro del
suo cuore e delle sue mani, sarebbe naturale che vi mettesse senza
esitazione tutta la sua anima, pura e intera. La grande arte non esige di
meno.
Mi feci strada tra la nube di zanzare e proseguii.
Maestoso e austero, Palazzo Pitti si ergeva sul lato sinistro di via
Guicciardini. Anche se sapevo che non era così, l'impressionante edificio
pareva la reggia di un despota, più che di una famiglia amante delle arti.
All'enorme portone d'ingresso diedi il mio nome a un portinaio, che
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