Page 91 - La passione di Artemisia
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«Che  fossi  ammesso  io».  Gettandosi  la  giubba  sulla  spalla,  passò

          accanto alla tavola senza degnare di uno sguardo il documento. La fiamma
          della candela ondeggiò. Sentii sbattere la porta della nostra camera da letto
          e poi girare la chiave.

              «Che  stai  facendo,  Pietro?»  Bussai  alla  porta.  «Per  amor  di  Dio,  che
          significa tutto questo? Non farmi una cosa simile». Palmira corse da me e
          si avvinghiò alle mie gambe.
              «Dovresti  essere  compiaciuto.  Significa  più  commissioni  per  tutti  e
          due».  Dalla  sottile  fessura  tra  la  porta  e  la  cornice  giunse  un  singhiozzo

          soffocato. «Che cosa vuoi?» dissi.
              «Che  smetta  di  dipingere?  Che  smetta  di  essere  quella  che  sono
          destinata a essere? Che smetta di respirare?» Presi in braccio Palmira e mi

          misi a camminare su e giù tra la cucina e la sala.
               Palmira  aveva  rannicchiato  la  testina  contro  il  mio  collo,  come  se
          sapesse. La misi a sedere accanto al lavello di pietra e, mentre lavavo i piatti
          con una mano, con l'altra la accarezzavo. Le preparai il letto nella sala e ve
          la  distesi  con  tenerezza.  Raccolse  le  piccole  dita  ripiegate  sotto  il  mento,

          come uno scoiattolo. Le rimboccai la coperta e bisbigliai: «Ti giuro, tesoro
          mio, che non ti costringerò mai a sposarti senza amore. Non dovrai sposarti
          per  convenienza,  non  dovrai  mai  arrangiarti  con  quello  che  ti  offrono  le

          circostanze».
               Mi appoggiai alla parete. Ma in fondo non era questa la vita? Arrangiarsi
          con quello che ci offrono le circostanze?
               Se  non  fosse  stato  per  Agostino,  se  non  fosse  stato  per  papà,  avrei
          potuto sposare qualcuno che mi amasse e che sarebbe stato orgoglioso di

          me. D'altra parte, se mi fossi sposata per amore, forse sarei stata ancora a
          Roma,  forse  all'Accademia  non  avrebbero  nemmeno  saputo  nulla  di  me.
          Ripensai  a  suor  Graziella.  Nemmeno  un  matrimonio  d'amore  era  una

          garanzia.  Due  erano  le  cose  che  più  desideravo  nella  vita  -  la  pittura  e
          l'amore - e una aveva annientato ogni possibilità dell'altra.  Perché la vita
          era  così  perversa  da  non  volermi  o  non  potermi  offrire  un  grammo  di
          felicità, senza un'uguale quantità di sofferenza?
               Con  un  gran  sospiro  gettai  l'acqua  sporca  nello  scolatoio  fuori  dalla

          finestra.


















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