Page 86 - La passione di Artemisia
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importuna per strada e aveva detto: «E io che ne so?»

              Aiutai Fina a girare la gonna. «Sarò prudente».
               La sala delle esposizioni in Accademia era piena di uomini che, a gruppi,
          parlavano a voce alta di fronte ai quadri. Buonarroti mi vide sulla porta e

          venne verso di me tendendomi entrambe le mani.
              «Un giorno voi qui avrete un gran successo, ricordate le mie parole», mi
          bisbigliò nell'orecchio e poi mi presentò all'assistente che aveva cercato di
          includermi nella lista delle modelle.
              «Mi sembra che ci siamo già incontrati», dissi. Non riuscii a reprimere

          un sorriso ironico porgendogli la mano.
              «E' vero».
               Bandinelli mi salutò cordialmente, la qual cosa mi sorprese, mi invitò a

          guardare i dipinti e si allontanò per salutare altre persone.
               Buonarroti mi indicò il granduca Cosimo de' Medici, che indossava un
          giubbetto  color  porpora,  con  degli  intagli  che  lasciavano  intravedere  una
          seta verde smeraldo, braghette e calze verdi in tinta. Un motivo ricamato a
          filo  d'oro  decorava  il  centro  del  giubbetto.  Portava  una  sottile  gorgiera

          bianca.
               Quanto mi sarebbe piaciuto fare un quadro con quei dettagli squisiti e
          quel  verde  brillante,  ottenere  la  lucentezza  del  colore  stendendo  mani  di

          vernice tra strati di colore, non più spessi della seta stessa, con dei pennelli
          dai  peli  talmente  sottili  da  lasciar  tracce  simili  a  fili  di  seta.  Ma  era
          impossibile.  L'unico  verde  così  luminoso  si  otteneva  dalla  malachite  di
          Macedonia e sarebbe rimasto tale solo se macinato non troppo finemente.
          Perciò  non  era  adatto  a  riprodurre  la  seta,  perché  sulla  tela  rimanevano

          particelle di colore. Che peccato. Era un ritratto straordinario, ma solo nella
          mia mente.
               Cosimo, per sua sfortuna, pur essendo giovane, non ancora trentenne,

          non era bello.  Il naso a patata proiettava un'ombra sulla bocca e, sotto il
          labbro  inferiore,  prominente  e  imbellettato,  spuntava  un  ridicolo
          triangolino di barba.
              «Fategli  il  vostro  più  reverente  inchino»,  mormorò  Buonarroti
          prendendomi per un braccio. «Andiamo». Rendendomi conto a malapena

          di quello che stava per accadere, mi feci avanti. Il granduca si era accorto di
          me ma, prima che Buonarroti potesse presentarmi, l'assistente picchiò per
          terra il suo bastone per richiamare l'attenzione.

               I  membri  dell'Accademia  si  disposero  su  due  file  parallele,  con
          Bandinelli a un'estremità. Io stavo accanto a Buonarroti.
               Di  fronte  a  noi,  un  uomo  barbuto  e  dalle  guance  piene,  vestito  di
          marrone, mi sorrise.
               Bandinelli si schiarì la gola. «Signor granduca, membri dell'Accademia



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