Page 85 - La passione di Artemisia
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10. L'Accademia







               Mi lavai i capelli e usai un bruschino per togliere la pittura da sotto le
          unghie. Passai della sugna sulle mie vecchie scarpe e poi lavai il mio vestito
          buono rosso vinaccia.
               Bagnato fradicio, il corpetto non aveva un brutto aspetto, ma la gonna
          pareva uno straccio. Presa dal panico, corsi a portare i due pezzi a Fina.

              «Santo  cielo,  piccola.  Non  devi  immergere  nell'acqua  un  vestito  così
          fine, ma spazzolare la zona che vuoi pulire. Adesso dovremo sudare sette
          camicie per farlo tornare decente».

              «L'ho rovinato?»
              «Aggiungi legna sul fuoco».
               Mi mostrò come lisciarlo, passandovi sopra due pezzi di ferro a forma di
          archi  appuntiti,  che  aveva  riscaldato  sul  focolare.  Visto  che,  invece  di
          eliminare  le  pieghe,  ne  facevo  delle  altre,  mi  spinse  da  parte  col  gomito.

          «Tieni sollevata la gonna, così non striscia per terra. Il mio pavimento non
          è dei più puliti».
               Ci volle una buona parte del pomeriggio. «D'ora in poi ti pagherò per

          farmi tutto il bucato».
              «Dimmi, qual è l'occasione per un vestito del genere?»
              «Mi hanno convocata all'Accademia del Disegno. Sull'invito era scritto:
          "Cerimonia riservata ai membri ed esposizione in onore della festa di san
          Luca"».

              «Oh?» Mi guardò con curiosità.
              «Buonarroti, la persona per cui ho eseguito il pannello, l'ha mostrato ai
          membri dell'Accademia. Credo che verrò ammessa».

              «E Pierantonio?» Continuando a stirare la gonna aggrottò le ciglia. «E'
          stato invitato anche lui?»
              «No».
              «Che ne pensa?»
              «Non l'ha detto».

              «Vedi di essere prudente; è tutto quello che ho da dirti».
              «Prudente. Come faccio a essere più prudente di quanto già non sia? Ho
          dovuto mostrargli l'invito».

               Quando  l'aveva  letto  aveva  stretto  gli  occhi  e  la  bocca  si  era  torta  in
          quella sua smorfia. Avevo detto: «Sarebbe stato meglio che quel grassone
          d'un assistente dalla faccia gonfia come pasta lievitata non avesse incluso il
          mio nome nella lista per le modelle. Pensi che sia per questo?»
               Pietro  mi  aveva  lanciato  lo  sguardo  che  si  rivolge  a  un  cretino  che  ti



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