Page 32 - La passione di Artemisia
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tutta una serie di amici di Agostino, i quali sostenevano di avermi tutti
posseduta. Avevo dovuto sbugiardare ogni teste, spezzare la catena di
falsità che tentava di mettere sotto processo la mia reputazione e non il
comportamento di Agostino. E tutta Roma s'era divertita.
Una zanzara continuava a ronzarmi attorno all'orecchio e non riuscivo a
scacciarla. La stanza era soffocante per tutta quella gente e il mio sedile
pareva molto più duro del solito. Qualcuno, in fondo all'aula, strillava che
l'udienza iniziasse. Altri si unirono.
«Colpevole. Impiccatelo», gridò qualcuno.
«Impiccate la puttana», gracchiò un'altra voce.
«Impiccateli insieme».
Tutti risero. Avvampai, mi sentii girare la testa e fui sul punto di svenire
in quella stanza senz'aria.
Si aprì una porta ed entrò l'ufficiale giudiziario, poi il luogotenente,
papà, Agostino e il notaio. In aula si fece silenzio. Il sudore mi inumidì la
camicia.
Mentre Suo Onore parlava, tenevo la schiena dritta e rigida.
«Nella presente causa, intentata da Orazio Gentileschi, pittore, contro
Agostino Tassi, pittore, imprigionato in Corte Savella, non contestando la
dichiarazione e la testimonianza della ragazza Artemisia Gentileschi, di
essere stata ripetutamente stuprata dal signor Tassi, considerando che il
dipinto mancante è stato restituito e considerando che il ricorrente è
d'accordo e che l'accusato ha già scontato otto mesi di carcere nel corso del
processo, dichiaro che al prigioniero viene concesso l'indulto. Il caso è
chiuso».
Fui assordata dalle urla: di approvazione o di oltraggio.
Non riuscivo a capire.
«Tuttavia», il luogotenente alzò la voce, «a causa delle interferenze da
lui opposte alle testimonianze veritiere e oneste dei testi, l'imputato
Agostino Tassi è bandito dalla città di Roma».
L'indulto? Avevo sentito bene, tra tutte quelle parole?
Rimasi ammutolita. Considerando che il ricorrente è d'accordo...
Papà aveva ritirato l'accusa, ora che era tornato in possesso del suo
quadro? Aveva permesso che ad Agostino fosse concesso il perdono? Sentii
il sangue affluirmi alle orecchie e l'ira ribollirmi dentro. Scagliai a
quell'uomo che era mio padre un'occhiata piena d'odio, che non avrebbe
mai dimenticato. Non aveva coscienza, non aveva onore, né rispetto per
nessuno, se non per se stesso. Non l'avrei chiamato mai più papà. Non mi
avrebbe più sentito pronunciare la parola che tanto amava.
Muta, senza quasi sapere quello che stavo facendo, mi feci largo tra la
folla. Mi pestarono la gonna. La liberai con uno strappo. Ondeggiando, uscii
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