Page 189 - La passione di Artemisia
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l'edificio?»

              «Sì».
              «Io e mia figlia desideriamo vederlo».
               Gli mostrai la lettera del segretario. Il valletto ci gettò un'occhiata e ci

          fece  passare.  «Chiedete  allo  scrivano».  Indicò  un  vecchio  seduto  a  uno
          scrittoio intagliato e intarsiato.
               Lo scrivano, a testa china, stava leggendo un documento e strizzava gli
          occhi.  Non  alzò  la  testa,  nemmeno  quando  ci  fermammo  di  fronte  a  lui.
          Aveva una faccia talmente lunga e stretta, che pareva fosse stata schiacciata

          tra due tavole quando era piccolo. Sembrava una donnola. Posai la lettera,
          aperta, sullo scrittoio. La lesse senza espressione.
              Non mosse la testa, ma gli occhi guardarono a destra e poi a sinistra.

              «Gentileschi, eh? So tutto di voi. Ero qui quando vostro padre e Tassi
          lavoravano al soffitto. Siete venuta a Roma in cerca di qualche altro stupro,
          vero?»
              Palmira trattenne il respiro.
              «Sono  tornata  a  Roma  perché  è  la  mia  patria.  E  sono  tornata  per

          dipingere.  Anch'io  sono  pittrice.  Come  tale,  desidero  studiare  questo
          soffitto».
              «Non  avete  imparato  abbastanza  da  Tassi  in  persona  e  ora  volete

          imparare dalla sua pittura?»
              «Da  quella  di  mio  padre».  Mi  corazzai  contro  ulteriori  possibili
          commenti.
              «Una  pittrice,  eh?  Allora  suppongo  che  farete  dei  bei  ritrattini  di
          sgualdrine».

              «Dipingo eroine».
              «Voi  dipingete  il  vostro  mondo,  che  è  quello  delle  sgualdrine»,  disse
          sottovoce, ma fu come se mi avesse sputato in faccia.

              «Questo non è vero!» sbottò Palmira. «Non è quello che fa!» Le strinsi
          la  mano,  perché  non  dicesse  altro.  Mi  guardò,  con  una  gran  voglia  di
          vendicarsi.  L'uomo  fece  un  sorrisino  ironico,  godendosi  l'effetto  di
          quell'offesa.
              «Nei miei quadri rappresento l'onore, l'orgoglio, il rapimento e il dolore,

          il dubbio, l'amore e lo struggimento».
               Parlai  pacatamente  ma  velocemente,  in  modo  che  non  potesse
          interrompermi. «Spero di vivere tanto a lungo da dipingere ogni emozione

          umana».
              Il vecchio bofonchiò e tornò alla lettura.
              «E' uso permettere ai pittori di studiare le opere di altri pittori, anche se
          di proprietà di Santa Madre Chiesa», dissi.
              «Se questo è un momento poco opportuno, tornerò un'altra volta. Basta



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