Page 184 - La passione di Artemisia
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Un vecchio canuto e grinzoso, che mi parve di riconoscere, ci fece salire

          due rampe di scale e ci fece vedere un'ampia stanza con grandi finestre su
          due lati.
              «E' molto carina», dissi. «Vorremmo entrare oggi pomeriggio.

              E' possibile?»
              Annuì. «Come vi chiamate?»
              «Artemisia Lomi e Palmira».
              Palmira mi lanciò un'occhiata incerta. «Gentileschi», mi corresse.
               Il  vecchio  si  fece  ancora  più  rugoso  nello  sforzo  di  pescare  dalla

          memoria del passato il senso di quel nome. Mi guardò le mani e poi, con
          sospetto e disgusto, guardò Palmira.
              Avvertii un crampo allo stomaco.

              «No. Non per le puttane». E ci sbatté la porta in faccia.
              «Madre di Dio, che villano. Comunque non ci sarebbe piaciuto vivere lì,
          vero?» borbottai a Palmira e la trascinai giù per le scale.
              «Perché è stato così maleducato, mamma? Che cos'è una puttana?»
              «Te lo dico stasera, dopo che avremo trovato una sistemazione».

               Mentre  aspettavamo  che  le  nostre  cose  ci  venissero  consegnate  nelle
          stanze  che  finalmente  avevamo  trovato,  scaldai  dell'acqua  sulla  stufa  a
          legna, la versai in un catino e mettemmo a bagno i piedi, mangiando pane e

          formaggio.
              «Quelle persone parlavano in uno strano modo, mamma».
              «Perché cercano di imparare la nostra lingua. Sono olandesi.
               Credo  che  l'uomo  abbia  deciso  di  darci  in  affitto  le  stanze  dopo  aver
          visto quanto mi piacevano i suoi quadri».

               Quando arrivarono i nostri bauli, eravamo troppo stanche per disfare i
          bagagli, però scrissi una lettera all'Accademia di Firenze.
               Se non è troppo incomodo per Lor signori, vorrei avere notizie di mio

          marito,  Pietro  Antonio  di  Vincenzo  Stiattesi.  E'  vivo?  Dipinge  ancora?  Vi
          sarei  grata  se,  in  memoria  della  mia  appartenenza  alla  Vostra  Illustre
          Accademia, poteste fornirmi qualche notizia sulle sue condizioni.
               Dubitavo  che  mi  avrebbero  risposto.  Guardai  Palmira,  mezzo
          addormentata sul letto in camicia da notte. «Oggi sei stata bravissima. Lo

          so che non è stato piacevole per te».
              Mi tolsi il corpetto e la gonna e mi distesi accanto a lei.
               Si  girò  sulla  schiena  e  aprì  gli  occhi.  Insieme  osservammo  fuori  dalla

          finestra  calare  le  tenebre  e  ci  sentimmo  molto  unite.  Eccoci  qui,  noi  due
          insieme  e  lì  fuori  c'era  il  vasto  mondo.  Le  palpebre  mi  si  fecero  pesanti.
          «Penso che qui saremo felici», mormorai.
              «Hai detto che me lo avresti spiegato», disse Palmira dopo un po'.
              «Spiegato che?»



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