Page 187 - La passione di Artemisia
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22. Graziella







               Vostra Reverenda Eminenza, Cardinale Scipione Borghese Sperando che
          mio  padre,  Orazio  Gentileschi,  abbia  compiaciuto  l'Eminenza  Vostra
          affrescando il soffitto del Casino delle Muse, io, Artemisia Gentileschi, che
          pure  sono  pittrice,  essendo  stata  sotto  sua  tutela  e  avendo  goduto  della
          protezione di Sua Signoria il Granduca Cosimo de' Medici, offro umilmente

          a Vostra Eminenza i miei servigi.
               Se Vostra Eminenza volesse accordarmi il permesso di vedere l'opera di
          mio  padre,  ne  sarei  profondamente  grata,  non  avendo  io  mai  avuto

          l'opportunità di poterlo fare. Nel rispetto della Vostra tranquillità e santità,
          pazientemente resto in attesa di una Vostra risposta.
              M'inchino alla porpora dell'Eminenza Vostra.
               Vostra  umile  e  obbediente  serva  Artemisia  Gentileschi  Sigillai  con  la
          cera la missiva, vi impressi il rilievo di Artemide che avevo sul braccialetto

          e mi accinsi a scrivere un'altra lettera, mentre Palmira continuava a disfare
          i bagagli.
               Alla  fine  della  giornata  avevo  scritto  cinque  lettere  a  cinque  diversi

          cardinali e a tre nobiluomini, consigliatimi dallo speziale e dal mio padrone
          di casa olandese.
               Poco  tempo  dopo  ricevetti  due  risposte.  Mi  scrisse  un  segretario  del
          cardinal  Borghese,  accordandomi  il  permesso  per  «una  breve  visita  per
          vedere  l'opera  di  Orazio  Gentileschi,  ma  non  presumete»,  diceva,  «che

          questa  sia  un'udienza  con  Sua  Eminenza.  Sua  Eminenza  non  è
          disponibile».
               Uno  dei  tre  nobiluomini  mi  rispose  dicendo  che  voleva,  il  più  presto

          possibile, una delle «vostre monumentali Giuditte, come quelle di Palazzo
          Pitti».
               Ero  grata.  Avevo  bisogno  della  gioia  e  della  sicurezza  di  iniziare  una
          nuova tela. Cominciai subito a schizzare delle composizioni su foglietti di
          carta,  mentre  Palmira  sorvegliava  la  zuppa  messa  a  cuocere  sul  fuoco.

          Pensai che vivere lì l'avrebbe aiutata a crescere.
              «Che cosa sarà questa?» chiese.
              «Un'altra Giuditta».

              «Ma non ti stufi mai di dipingere Giuditte?»
              «No, se sono tutte diverse. Non ne ho più dipinte, fammi pensare... da
          cinque anni. Adesso sono diversa e dunque lo sarà anche il dipinto».
              «Ci sarà molto sangue?»
               Il  tono  con  cui  lo  aveva  chiesto  era  autentico  e,  per  la  prima  volta,



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