Page 441 - Il mercante d'arte di Hitler
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bando. Szymczyk in ogni caso non è l’unico ad avere l’idea,
anche altri musei hanno manifestato il proprio interesse a
esporre la spettacolare collezione. Più di tutti sorprende
l’annuncio fatto a ottobre del 2015 dal governo federale tedesco
di voler mettere in mostra la collezione Gurlitt per proprio
conto. L’esposizione, inizialmente prevista per la fine del 2016
al Palazzo delle Arti della Repubblica federale di Bonn,
dovrebbe presentare le opere la cui provenienza è a oggi ancora
da chiarire. La mostra – questa la spiegazione – vorrebbe servire
a illuminarne il caso, nella speranza, con la loro esibizione
pubblica, di pervenire a nuovi indizi.
Dietro tutto questo si nascondono però al contempo esigenze
di immagine della Repubblica federale, che intende usare il caso
Gurlitt per mettersi in buona luce, dopo lo scioglimento della
Task Force alla fine del 2015, che dopo due anni dalla sua
creazione ancora non era riuscita a portare a termine nuove
restituzioni, oltre a quelle di Liebermann e di Matisse. Tanto il
presidente del Congresso ebraico mondiale, Ronald S. Lauder,
quanto il delegato della Jewish Claims Conference in Germania,
Rüdiger Mahlo, hanno espresso la propria delusione per i
risultati delle ricerche della Task Force, che solo nel caso di
cinque opere è stata in grado di dimostrare la rapina o
l’estorsione ai danni dei proprietari ebrei. Su circa cinquecento
pezzi del patrimonio di Monaco si stende ancora l’ombra del
sospetto. Centoquattro di esse sono stati rivendicate da 113 parti
differenti, delle quali solo diciassette hanno potuto presentare la
relativa documentazione. Da un lato, l’esito deludente è il
risultato di aspettative fuori misura, perché le indagini sulla
provenienza richiedono molto tempo e i rapidi frutti promessi
dalla politica non sono realistici. Dall’altro, problemi strutturali
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