Page 437 - Il mercante d'arte di Hitler
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mondiale. Con il pagamento di 1,25 miliardi di dollari da parte

                degli istituti bancari, nel 1998 si giunse infine a un accordo. A

                differenza  di  allora,  la  misura  unitaria  approvata  tra  la
                Repubblica  federale,  il  Land  di  Baviera  e  il  museo  sulla

                collezione  Gurlitt  viene  lodata  anche  dagli  osservatori  più

                critici,  tra  questi  Stuart  Eizenstat,  che  in  veste  di  diplomatico

                dell’amministrazione  Clinton  aveva  trattato  a  suo  tempo  le

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                condizioni del rimborso con le banche svizzere .
                   Come  già  in  Germania,  anche  in  Svizzera  la  causa  Gurlitt

                punta  il  faro  sulla  trascurata  revisione  dei  casi  di  arte  rubata.

                Pure la Confederazione ha firmato nel 1998 la Dichiarazione di

                Washing  ton,  essendo  stata  coinvolta  negli  affari  dei  nazisti,

                nonostante  la  propria  neutralità.  Il  Paese  alpino  rappresentava
                all’epoca per il regime nazista un’importante piazza di scambio

                per la liquidazione di opere d’arte confiscate con cui procurarsi

                valuta straniera. L’asta più spettacolare fu la vendita all’incanto

                di  oggetti  di  “arte  degenerata”  provenienti  dai  musei  tedeschi

                alla Galleria Theodor Fischer di Lucerna a luglio del 1939, cui
                parteciparono  anche  i  musei  svizzeri  con  le  proprie  offerte.

                Delle 125 opere, tra dipinti e sculture bandite all’asta, un terzo

                tuttavia  tornò  indietro,  il  resto  si  fermò  a  quote  più  basse

                rispetto a quelle prefissate, già di per sé al ribasso. Il risultato fu

                di circa mezzo milione di marchi imperiali. In quel periodo il

                Museo d’arte di Basel comprò dagli stock di “arte degenerata”
                ventuno  lavori  tra  Oskar  Kokoschka,  Marc  Chagall,  Lovis

                Corinth e Franz Marc; anche altre collezioni fecero acquisti –

                non  ultimo  con  l’intento  di  salvare  le  opere  d’arte,  così  i

                rispettivi  curatori  motivavano  gli  affari  condotti  con  i  nazisti.

                Gli acquirenti dei musei svizzeri si recarono per questo anche in

                Germania,  per  poter  selezionare  alla  reggia  di  Schönhausen  a




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