Page 440 - Il mercante d'arte di Hitler
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collezione da esso rilevata. In attesa che i singoli pezzi vengano
integrati nell’assortimento dell’istituto e siano quindi di lì in poi
riconoscibili soltanto con la targhetta “Lascito Gurlitt”, il
direttore Matthias Frehner vorrebbe esporre la raccolta
separatamente in una retrospettiva. Lì dovrebbe essere
documentata anche la storia dei quadri. Quanto alla sua
revisione, l’eredità di Gurlitt non poteva capitare in un posto
migliore; Matthias Frehner è infatti un esperto nel campo delle
ricerche sulla provenienza. Negli anni Novanta, in qualità di
responsabile della redazione d’arte della «Neue Zürcher
Zeitung», è stato uno dei primi a passare in rassegna gli archivi
dei musei svizzeri, pubblicando i propri risultati in una serie di
articoli, poi riassunti nel libro Das Geschäft mit der Raubkunst
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(Il commercio dei bottini d’arte) . Dopo gli indugi iniziali, la
presa in consegna della collezione si rivela ora un guadagno per
il museo. Anche Berna, come già la Repubblica federale tedesca
con l’impegno assunto a investigare l’origine delle opere e a
restituire l’arte rubata, ha sfruttato l’occasione per occuparsi
finalmente di una parte del passato nazista a lungo trascurata.
Un segnale accolto anche da esponenti dell’arte
contemporanea. Un’insolita proposta è stata avanzata ad aprile
del 2015 da Adam Szymczyk, direttore artistico di DOCUMENTA
15 a Kassel. Il curatore vorrebbe poter presentare la collezione
nel 2017 alla Galleria nuova, nell’ambito della manifestazione
d’arte internazionale che si tiene qui ogni cinque anni, in un
luogo quindi dove la Germania del dopoguerra aveva inteso
riallacciare i ponti con l’eredità dell’arte moderna. Con questo si
chiuderebbe un cerchio, così come credeva lo stesso Hildebrand
Gurlitt, che – seppure all’ombra di contraddittori precedenti –
ha dato il proprio contributo alla riabilitazione dell’arte messa al
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