Page 344 - Il mercante d'arte di Hitler
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primi anni del dopoguerra consiste dunque nella stesura di tali

                lettere.  Riprende  contatto  anche  con  vecchi  colleghi  e  clienti

                espatriati e tenta, con le stesse parole che si ripetono, di far luce
                sulla  sua  attività  di  mercante  durante  il  Terzo  Reich.  Tra  le

                persone a cui scrive vi è anche Alois Schardt, sollevato dal suo

                incarico  di  direttore  alla  Galleria  nazionale  di  Berlino  a

                novembre  del  1933  dopo  aver  tentato  inutilmente  di  imporre

                l’Espressionismo  come  forma  d’arte  folclorica  nazionale.  Nel
                1936, dopo l’apertura di una mostra in omaggio a Franz Marc

                alla  Galleria  Nierendorf  di  Berlino  è  stato  messo

                temporaneamente  agli  arresti,  poi  nel  1939  è  emigrato  negli

                Stati  Uniti,  dove  nel  1948  lo  raggiunge,  tra  le  altre,  anche  la

                lettera di Hildebrand Gurlitt. «Una vera danza sul filo, questo
                era  la  vita  durante  il  Terzo  Reich»,  vi  si  legge.  E:  «Non  ho

                dimenticato la visita che mi fece ad Amburgo, prima della sua

                partenza,  credo  avessi  esposta  all’epoca  l’ultima  mostra  di

                Beckmann, e ricordo quanto spesso abbia rimpianto il fatto di

                non  averla  seguita  e  al  contempo  o  altre  volte,  invece,  di
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                essermene  felicitato» .  Gurlitt  confonde  il  periodo  della
                «partenza» di Schardt, la sua mostra di Beckman aveva avuto

                luogo già tre anni prima del suo espatrio. Ma con i suoi punti di

                contatto  cerca  di  ricostruire  qualcosa  di  comune.  Con  questi

                suoi nessi, seppur erroneamente ricostruiti sul piano temporale,

                Gurlitt  offre  degli  stimoli  e  prova  a  ristabilire  dei  punti  di
                contatto in comune. Un tentativo di giustificarsi lo fa anche con

                l’editore Heinrich Ellermann di Amburgo: «Ma sono sempre per

                una  netta  distinzione  tra  l’ideale  e  la  parte  commerciale  del

                nostro lavoro. E devo dire che mi sembra sia stata una buona

                cosa in senso assoluto aver speso alcuni anni della mia vita nel

                creare la mia società curandone l’aspetto economico, accettando




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