Page 340 - Il mercante d'arte di Hitler
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Analogamente,  è  soltanto  dopo  aver  fornito  le  prime

                spiegazioni  che  Gurlitt  viene  a  sapere  che  tutte  le  transazioni

                portate  a  termine  dai  tedeschi  nei  territori  occupati  dovranno
                essere  annullate.  Per  i  clienti  di  Gurlitt  questo  significa  la

                revisione di tutte le acquisizioni da lui fatte a Parigi. Tra queste

                vi  sono  anche  gli  oggetti  che  a  dicembre  del  ’42  Gurlitt  si  è

                aggiudicato  all’asta  sulla  proprietà  Viau  all’Hotel  Druout,

                muovendo  offerte  per  conto  degli  industriali  Hermann
                Reemtsma e Carl Neumann. Tanto Reemtsma quanto Neumann

                sono  costretti  a  restituire  i  loro  quadri,  a  Gurlitt  però  riesce

                l’inganno  con  i  suoi  Picasso  e  Chagall.  Gli  Alleati  non  si

                avvedono della discrepanza tra le dichiarazioni rese nel 1945 e

                nel 1950, probabilmente perché le inchieste vengono svolte da
                unità separate e l’una ignora la lista dell’altra. Ancora oggi i due

                elenchi sono conservati a Washington in differenti archivi.

                   Appena due giorni dopo, il 15 dicembre 1950, Gurlitt si vede

                restituita la sua collezione. Due dipinti rimangono inizialmente

                al Central Collecting Point, Scena allegorica di Chagall e Testa
                di donna di Picasso, in attesa di convalida da parte del presunto

                donatore Karl Ballmer. Convalida che Gurlitt ha presto in mano.

                Firmata  da  Ballmer  in  Svizzera  appena  il  30  dicembre  1950,

                arriva a Gurlitt il I gennaio 1951 e viene subito inoltrata. Poco

                dopo  Gurlitt  ottiene  la  restituzione  anche  di  queste  opere,  la
                                                                                                35
                certificazione di Ballmer basta come prova per gli Alleati . Che
                Ballmer possedesse una qualche collezione di opere d’arte, tra

                cui uno Chagall, è alquanto dubbio. In una lettera del dicembre

                1933 a Max Sauerlandt, all’epoca ancora direttore del Museo di

                arti  e  mestieri  di  Amburgo,  Ballmer  prende  esplicitamente  le

                distanze dal pittore russo: «Il gioco soggettivo non serve a nulla.

                Nella  costruzione  immaginifica  dobbiamo  arrivare  alla




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