Page 246 - Il mercante d'arte di Hitler
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venuta a trovare quest’ultima, dopo la morte del marito, a dover

                dipendere  dalla  vendita  delle  opere  del  suo  assortimento,  per

                potersi  mantenere.  A  maggio  del  1941  segue  l’acquisto  per
                ottomila  marchi  imperiali  di  un  altro  imponente  convoluto  di

                quattrocentonove  tavole,  composto  da  arte  confiscata  a  musei

                tedeschi e da un collezionista rimasto anonimo, tutte opere che

                                                                                   33
                non  compaiono  nei  registri  contabili  di  Gurlitt .  Negozianti  e
                acquirenti  tollerano  di  non  conoscere  la  chiara  provenienza
                degli oggetti, pur di non mettere a rischio la transazione.

                   Gurlitt procura “arte degenerata” anche a vecchi soci d’affari

                come il gallerista Alex Vömel di Düsseldorf, Günther Franke a

                Monaco  e  Paul  Roemer  a  Berlino.  Contemporaneamente  i

                quattro  mercanti  d’arte  conducono  negozi  anche  tra  di  loro:
                Buchholz,  Böhmer  e  il  cugino  Wolfgang  acquistano  opere  da

                Hildebrand oppure lui da loro, con movimenti in questi casi di

                cui  oggi  non  è  più  possibile  ricostruire  i  percorsi.  I  contratti,

                estremamente proficui, che Gurlitt conclude con altri mercanti

                sul territorio nazionale verso la fine del Piano di valorizzazione
                “Arte degenerata” portano con sé un rischio enorme. Una volta

                versati gli importi in valuta estera sul conto speciale, i venditori,

                certo,  non  sono  sottoposti  a  ulteriori  controlli  da  parte  della

                Commissione  per  la  valorizzazione,  ma  il  pericolo  di  una

                denuncia aleggia comunque sulle loro opere di liquidazione che

                si  muovono  oltre  il  raggio  delle  pratiche  d’affari  consentite.
                Così, quando Reinhard Heydrich, capo dell’ufficio centrale per

                la Sicurezza del Reich, scopre le transazioni di opere confiscate

                tra  Böhmer  e  Vömel,  interviene  di  persona.  Con  parole

                inequivocabili  critica  il  «gravissimo  sabotaggio  senza

                precedenti  della  politica  culturale  del  Führer»  nel  ministero

                dell’Educazione  del  popolo  e  della  Propaganda  del  Reich  e




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