Page 244 - Il mercante d'arte di Hitler
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sono merce confiscata e le circostanze dello scambio oltremodo
dubbie. Ma se il negoziante vi lucra, il cliente da parte sua
profitta di condizioni vantaggiose. L’idea che l’arte sia così
“messa in salvo” fa comodo a entrambi.
Dopo questo promettente inizio, entro la fine del Piano di
valorizzazione, nell’estate 1941, Gurlitt avrà chiuso numerosi
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altri contratti con il ministero, otto dei quali validi ancora oggi .
A differenza di Buchholz, Gurlitt riesce con i suoi modi
compiacenti a instaurare un buon rapporto con Rolf Hetsch,
forse favorito anche dalla loro precedente conoscenza. A lui non
viene negata quasi nessuna richiesta – laddove le opere,
ovviamente, siano ancora a disposizione. Solo in un caso Gurlitt
dovrà rilanciare un’offerta. Nel complesso, Gurlitt si prende
carico di settantotto dipinti di “arte degenerata”, 278 acquerelli,
cinquantadue disegni, nessuna scultura, al loro posto però ben
3.471 stampe, coerente a quella predilezione per i lavori su carta
sviluppata già a Zwickau. Con un totale di 3.879 opere, Gurlitt
supera di gran lunga le acquisizioni dei propri colleghi
Ferdinand Möller (con 848 opere, perlopiù dipinti e sculture),
Karl Buchholz (1.312, di cui 429 giacenze in conto vendita poi
rese al ministero) e Bernhard Böhmer (2.903, 1.716 delle quali
finirono a Güstrow per ordine di Rolf Hetsch nel quadro del
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piano di salvaguardia del 1943-1944 durante la guerra) . In
questi anni Gurlitt si impegna in un’attività febbrile, corre da
una parte all’altra con la sua DKW, da cui saltano fuori «come da
un cesto delle meraviglie, quadri di Munch, Corinth e Franz
Marc, e uno non riusciva mai a capacitarsi di come tutta quella
roba potesse entrare in un’auto tanto minuscola», come
ricorderà Leopold Reidemeister più tardi nella sua
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commemorazione dopo l’incidente mortale di Gurlitt nel 1956 .
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