Page 243 - Il mercante d'arte di Hitler
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commissione e a ottenere le opere tanto ambite per il suo
museo. È amaro doverlo ammettere, ma la vendita al completo
delle opere di arte moderna all’estero è stato un motore alla
ricezione e al definitivo riconoscimento di essa a livello
internazionale.
A Basel Gurlitt viene a sapere che, parallelamente a lui, anche
Karl Buchholz ha offerto i suoi servizi al giovane direttore di
museo. I due agenti si accordano per una comune
intermediazione e tra il 28 e 29 maggio, durante una visita di
Schimdt a Berlino, lo accompagnano entrambi in un giro di
ricognizione al magazzino di opere conservate alla reggia di
Schönhausen. Gurlitt e Buchholz si dividono la provvigione del
quindici per cento sulla somma complessiva degli acquisti.
Schmidt si fa mettere da parte Derain, Corinth, Kokoschka,
Barlach, Beckmann, Schlemmer e Schrimpf. A un totale di
tredici opere se ne aggiungono poi altre otto riscattate all’asta di
Lucerna. Ancora impressionato e al contempo sbigottito dopo la
visita al deposito di quadri, Schmidt scrive al critico d’arte Paul
Westheim, in esilio a Parigi dal 1933: «Sono stato a Berlino a
Pentecoste, e quel che ho visto lì fu stupefacente oltre ogni
immaginazione. Non posso dare, naturalmente, ulteriori dettagli
su come sono venuto in possesso degli originali. Sono stati
giorni strepitosi davvero. […] Mi hanno fatto dei prezzi talvolta
davvero ridicoli. […] Mi sembra quasi una favola, se le
circostanze che hanno portato a tutto questo non fossero tanto
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orribilmente concrete e brutali» . “Circostanze” che Gurlitt e il
suo socio Buchholz hanno ormai completamente rimosso.
Eppure, entrambe le parti, venditori e acquirenti, sono complici
del medesimo sistema, entrambi accettano i presupposti del
negozio. Sono ben consapevoli che le opere d’arte in vendita
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